I dieci peggiori vini del mondo assolutamente da provare…trovandoli5 min read

E’ oramai prassi comune presentare le proprie conoscenze come i carciofi, a mazzi di dieci. In particolare nel nostro settore fioriscono ogni giorno articoli che parlano dei dieci migliori Barolo, o Brunello o Bordeaux o Borgogna etc.. Essendo noi di Winesurf di visioni molto più ampie e internazionali abbiamo pensato di proporre una particolare “decaclassifica” dei più abbbbbominevoli vini del mondo. L’unica cosa rispetto alle altre classifiche è che non saranno in ordine di schifezza, quello magari glielo potrete dare voi, a vostro piacimento, dopo l’assaggio…..se riuscirete a trovarli in commercio.

 

Skifenbosh, Sauvignon Blanc, Rinoceront Lake, 2013

 Il classico e stuzzicante aroma di pipì di rinoceronte si sposa perfettamente al rivoltante sentore di acqua stagnante, riuscendo a fondersi in un amalgama ove anche forti sentori muschiati aggrediscono le mucose e le fanno fuggire. In bocca la particolare maturazione in otri di pelle di puzzola viva conferisce corpo sciolto sicuro a chi lo beve.

 

Porto Ruby, Quinta do Leleo Mora, Viña Berluscao 2000

Un prodotto che ha sempre fatto discutere! Da una parte c’è chi sostiene sia  estremamente fine ed elegante, dall’altra molti lo trovano assolutamente inaccettabile per ridondanza, sciatteria produttiva, velleità di invecchiamento, quasi al limite della frode in commercio. Stranissima la scritta sulla bottiglia “Proibido a los menores del 18 años”: scritta forse proprio per invogliare al consumo questa fascia di giovani utenti.

 

Napalm Valley, War Always Cellar, Enola Gay Chardonnay 1945

Un vino assolutamente esplosivo, di potenza quasi atomica. Caldissimo al palato, con i suoi 188° naturali per qualcuno è quasi ustionante. Ultimamente le uve provenivano anche dal molto discusso Cru Guantanamo, ma sembra che l’azienda non intenda più utilizzarlo. Infatti, anche se posto molto più a sud della denominazione, le uve non riescono a maturare bene, nemmeno sotto tortura. Al naso ha i classici sentori di carne bruciata abbinati a forti note di kerosene. Un vino prodotto in ogni annata anche se le condizioni delle uve e della politica internazionale lo sconsiglierebbero.

 

Barbarolo Bric Olage, Sorì Zio Tibia 1989

Come ogni altro vino di questa discutibilissima cantina, è composto da assemblaggio del peggio presente sul mercato dello sfuso e oltre. In particolare però il Sorì Zio Tibia viene solo da uve coltivate all’ombra di cimiteri, o, dove possibile, all’interno di essi. Il colore è rosso sangue e al naso si percepiscono  dozzinali sentori di carne non molto fresca (eufemismo) accanto a melliflui sentori di zolfo e incenso. In bocca, nonostante la lunga macerazione sulle facce, è scheletrico nel corpo, con tannini terrosi, freddo al contatto col palato. Un vino senz’anima.

 

Tranello di Solliccianino, Poggio Fregato, Vigna San Vittore 2007

Un “vino rubato alla terra”, così questa poco affidabile azienda presenta il suo rosso più pregiato, che esce dopo 8 anni, senza condizionale. Da uve levanese del piglio e scappo, fermenta in particolari vasche di acciaio composte da varie celle, con rimontaggi ogni ora d’aria. La maturazione, se c’è, avviene dopo lunghi anni in cui il prodotto invecchia quasi abbandonato a se stesso. Al naso si mostra tradizionalmente chiuso, inaccessibile, sprangato. La bocca è l’opposto, con il corpo completamente assente, quasi in repentina fuga dopo essere stato esposto all’aria aperta.

 

Hospices de Bon Tegam, Entre de Meretrice 1925

Un vino che ha fatto scuola, amato soprattutto dagli uomini,  ma che oggi mostra chiari segni di cedimento, e di vetustà. Del resto i ripetuti e continui rimontaggi a cui veniva sottoposto, assieme ad estenuanti follature, non potevano che lasciare il segno. Il colore è variato dal rosso vivo al grigio topo, con inutili sfumature biondastre. Il naso, nonostante note eccessive di cipria è senza garbo, poco asciutto. La bocca, un tempo invitante e lussuriosa, è oggi cadente, come del resto il corpo, oramai solo un ricordo dei bei tempi passati.

 

Doctor Wasser Klosed, Riesling Kabinett 1999

Un vino storico, pare addirittura amato dall’Imperatore Vespasiano, ma oggi sembra aver tirato troppo la corda. Colore troppo ambrato, quasi marrone, naso impreciso con forti sentori di pelle di cavallo visto da retro, merd de poule e non solo, bocca corrispondente. Si consiglia di metterlo in una bella cantina al fresco e scordarselo lì ….

 

Agliatico del Piedile DOCS (Denominazione d’Origine Completamente Sputtanata) Cantina del Cipollone 2003

Questa cantina, che a suo tempo promosse con successo la DOCS, ci presenta il suo top di gamma, un agliatico con i classici sentori vegetali del vitigno: aglio, cipolla, scalogno e porro, si sposano al classico terroir del Piedile e alle sue note di sandalo mai lavato. Siamo di fronte ad uno dei vini più antichi d’Italia, che addirittura nel medioevo veniva usato per la lotta alle streghe. Oggi con l’arrivo della DOCS il vino è  notevolmente peggiorato. Questo 2003 ha in particolare un corpo molto sporco con retrogusto mefitico.

 

Bordeaux Inferieur, Chateau Reblochon, 2001

Con il classico uvaggio della denominazione (Camenbert Sauvignon 35% Camenbert Franc 35%, Merdot 30%) questo vino colpisce subito al naso per le profonde e inconfondibili note lattiche dovute alla particolare terza fermentazione: infatti dopo l’alcolica e la malolattica,  viene sottoposto alla maloformaggica, per trasformare l’acido lattico in acido formagginico e conferire il classico bouquet. Bocca grassa e pastosa, si consiglia di spalmarlo sul pane.

 

Cantina Biopoggio Naturale, Il Bianco Perfetto, 2014

L’antesignano di tutti i vini naturali! Stiamo parlando di un vino da sole uve bianche (ma non perché il produttore sia razzista). Il rispetto delle uve è tale che vengono vendemmiate solo dopo referendum tra le stesse e poi pigiate chiedendo scusa ad ogni singolo acino. La fermentazione, quando parte,  avviene con lieviti indigeni e si protrae fino a quando si inizia a sentire il classico aroma di acido acetico. Travasato con le fecce, viene messo a maturare in botti preventivamente allertate. Il risultato è un vino dal classico color giallo-rosso-aranciato spento, leggermente mosso. Se localmente agitato diventa torbido. Al naso si percepiscono vaghi sentori di frutta stramatura sotto la naturale ossidazione e l’immancabile volatile, anzi, voliera. In bocca il Ph di 12  e l’acidità prossima allo zero lo rendono morbido e suadente. Abbinamento perfetto, la saponetta Camay.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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