Parliamo di Trento DOC proprio nel giorno in cui iniziamo i nostri assaggi franciacortini. Questo in realtà è un caso ma…..un caso voluto, perché ci sembra giusto creare un ponte ideale tra le due grandi zone spumantistiche italiane, nella speranza che entrambe possano crescere e raggiungere traguardi oggi inimmaginabili.
A prposito di traguardi: solo un anno fa, con sei aziende trentine che ottenevano 4 e 3.5 stelle, non ci saremmo mai immaginati che nell’arco di dodici mesi queste sarebbero addirittura raddoppiate. Infatti ben dodici cantine (una con due vini) sono arrivate almeno a 3.5 stelle e di questa almeno tre-quattro per la prima volta.
Per noi è un bellissimo risultato, perché proprio il grande problema del Trento DOC era (ed ancora, almeno in parte, è) il ristretto numero di aziende con prodotti di alta qualità. Questo “raddoppio” ci fa capire, pur senza trionfalismi, che la “bolla qualitativa” del Trento Doc si sta allargando e di questo non possiamo che gioire.
Un po’ meno ci viene da gioire se cerchiamo di trovare un reale filo conduttore tra queste etichette, che le riporti ad un comune sentire. La cosa è piuttosto difficile ed è altrettanto difficile ritrovare spesso quelle caratteristiche di grande freschezza che solo alcuni anni fa erano uno dei principali marker del Trento Doc.
In altre parole: i vini e le aziende stanno crescendo, ma questa crescita rischia di rendere i Trento Doc più buoni ma meno riconoscibili. Anche aziende di solito paladine della grande freschezza quest’anno ci hanno presentato pas dosè molto arrotondati e in molti vini base la sensazione di dolcezza era abbastanza evidente, forse perché ottenuta con basi di annate fondamentalmente calde e meno acide.
Non possiamo però nasconderci dietro un dito e fare finta che anche il mercato delle bollicine voglia prodotti più facilmente abbordabili, meno austeri. Però almeno nei millesimati o nelle cuvée importanti un certo “retaggio” del passato non sarebbe male.
Parliamo oggi di Trento Doc anche se l’abbiamo assaggiato a luglio e proprio per fare un reale confronto con la Franciacorta l’anno prossimo li assaggeremo a ottobre, per capire bene quanto, anche nel Trento Doc, una sboccatura fresca possa incidere sul risultato finale.
A proposito di risultato finale: anche se ce ne sono ancora poche etichette in circolazione state attenti ai Trento Doc Rosé, che sembrano aver preso con maggior decisione rispetto ai cugini “in bianco” la strada dell’alta qualità.
Chiudiamo con una riflessione quasi dovuta dopo aver partecipato alla giornata Champagne di Firenze, che ci ha presentato circa un centinaio di etichette, alcune di grandi e blasonate maison. Alla fine dei salmi solo un 10-15% dei vini assaggiati portava alto il nome della più grande bollicina del mondo e questo, molto campanilisticamente parlando, ci fa ben sperare per il futuro sia del Trento Doc che della Franciacorta, naturalmente se la loro qualità continuerà a crescere e se la promozione-marketing saprà fare straordinariamente bene il suo lavoro.