Una lettera per il negroamaro5 min read

La  lettera seguente l’ha scritta Gianvito Rizzo, Vicepresidente  del Movimento Turismo del Vino della Puglia, nonché amministratore di Feudi di Guagnano,  al sito internet Vinoway, (www.vinoway.com) che gentilmente ci ha concesso di riprenderla e che loro hanno pubblicato qui .

La lettera del signor Rizzo è una risposta all’articolo del nostro direttore Carlo Macchi sul negroamaro (vedi ).  

 

"Ho letto ripetutamente le considerazioni di Carlo Macchi raccolte nel suo articolo "Negroamaro: un re spesso nudo" scritto a seguito della sua  partecipazione, con altri suoi colleghi, a un press tour organizzato dal Movimento Turismo del Vino Puglia nel mese di settembre appena trascorso.

 

Lo ringrazio per gli apprezzamenti riservati alla mia cantina e per aver dedicato spazio e attenzione sul suo "giornale di enogastronomia" al negroamaro vitigno simbolo del Salento e motore di sviluppo di una parte della sua economia agricola.

 

Avevo deciso di riflettere in solitudine  su quanto letto e di comprendere il filo conduttore che tiene insieme il "racconto" di Macchi sul Negroamaro quando afferma di aver degustato vini "dall’alcolicità predominante senza grandi aromi al naso" e sottoposti ad un uso "spesso esagerato (per non dire caricaturale) del legno" ,  "vini che si dipanano lenti e pesanti (per non dire appesantiti) senza portare a sensazioni piacevoli" fino al "difficilissimo abbinamento cibo-vino, specie sui molti piatti di verdura o sui formaggi che danno lustro alla cucina pugliese".

 

Riflettere per capire dove si è sbagliato e per migliorarsi, sempre e costantemente.

 

Oddio, parliamoci chiaro, non c’è bisogno delle critiche di un esperto giornalista per "costringersi" a fare sempre meglio e puntare sulla qualità ai massimi livelli: ogni volta che riceviamo la visita di un "compratore", uso la terminologia cara al mio compaesano Mimmo Taurino sempre evocato anche a sproposito, sono "cazzi amari" se vai a proporgli vini smorti, senza naso, truciolati o dall’inconfondibile "sudore di cavallo".  Quei vini te li bevi tu assieme alla tua famiglia o li usi per farci un bagno rilassante.

 

Avevo pensato di starmene buono-buono anche perché a difendere l’onorabilità di questo vino  ci sono uomini e donne che ne hanno fatte di vendemmie, che ne hanno conosciuti di estimatori e detrattori del Negroamaro, che ne hanno stappate di bottiglie in giro per il mondo.

 

Ma tant’è, prima qualche collega produttore e poi qualche collega giornalista, mi hanno invitato a scrivere la mia sull’argomento. Ho spiegato a questi amici che confutare le impressioni e le legittime valutazioni di un giornalista "enogastronomico" è come pretendere di convincere Papa Francesco che i miracoli non esistono. Tuttavia, avendo alle spalle trenta anni e passa di assaggi , una certa idea di come vanno le cose nel mondo del vino (comunicazione compresa) me la sono fatta.

 

E allora, vediamo di mettere insieme qualche idea e di ricomporre qualche coccio.

 

Intanto, se Carlo Macchi ha affermato che i vini che ha assaggiato lo hanno parzialmente deluso, avrà avuto le sue buone ragioni e quindi dobbiamo credergli. In questo egli è ampiamente supportato da qualche suo collega pugliese che parla ancora oggi di "negroamari brettanomicesizzati". Come dire: cari produttori son passati cinquant’anni  ma nelle vostre cantine niente o quasi è cambiato. Nonostante la tecnologia a disposizione ciucci eravate e ciucci siete rimasti.

 

A mio avviso però, le buone ragioni e l’onestà intellettuale di Macchi cedono  il passo alla statistica dei numeri. Egli, infatti, ha degustato solo una parte (i vini delle cantine salentine aderenti al Movimento Turismo del Vino Puglia) dei Negroamari prodotti in Salento. Esprimere una valutazione, positiva o negativa, su un vino di uno o di pochi produttori è ben altra cosa che estenderla su un territorio intero. Anche a me è capitato di assaggiare uno o più vini di questo o quel produttore, in Italia o all’estero,  che mi hanno lasciato a volte indifferente altre volte sconcertato, ma non per questo ho tratto delle conclusioni negative e semplicistiche su tutto il territorio in cui ricadeva quella denominazione. Non ho mai contestato giudizi e valutazioni presenti su guide o sulla stampa di settore fatti sui miei vini e non ho memoria di miei colleghi salentini, almeno ufficialmente, che lo abbiano fatto per delle loro etichette : quando si mandano bottiglie a concorsi enologici, guide, riviste ecc. si accetta esplicitamente e liberamente di essere sottoposti alla santificazione o alla lapidazione del valutatore di turno.

 

Ma neanche gli abbinamenti cibo-vino hanno convinto l’amico Macchi e questa cosa mi lascia un pò perplesso perché se c’è un matrimonio perfetto che si celebra ogni giorno sulle nostre tavole è proprio quello tra il Negroamaro e la nostra cucina. E’ chiaro che è "difficilissimo" abbinare del Negroamaro  rosso su verdure o formaggi (freschi), ma in quel caso noi pugliesi abbiamo quel ben di dio di rosati che non hanno i toscani o i piemontesi, per esempio.

 

Ho faticato molto a mettere insieme queste poche righe perchè occupato ancora in questo finale di vendemmia difficile e allo stesso tempo entusiasmante. Vorrei sperare che i pochi o i tanti che si interessano delle nostre cantine che è poi come dire delle nostre vite, la smettessero di adoperare delle classificazioni "lombrosiane" nel valutare fisiognomicamente i vini che scoprono o riscoprono assieme ai loro territori.

 

Perché, a leggere ancora di territori di serie A, B e C nonostante una "democratica" conquista da parte dei vini di tanti amici produttori di posizioni di prestigio nelle classifiche nazionali e internazionali ci fa alzare, di molto…la volatile !"

 

 

 

Gianvito Rizzo

 

Amministratore Feudi di Guagnano

 

Vice Presidente Movimento Turismo del Vino Puglia

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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