L’uomo che moltiplicava Brunello e Rosso di Montalcino.4 min read

Ovvero, l’ennesima truffa che coinvolge il Brunello di Montalcino.

C’è stato in passato un uomo che pare abbia moltiplicato pani e pesci. Oggi invece è di moda moltiplicare Brunello e Rosso di Montalcino. Anche questo pare sia opera di un (solo?) uomo,  un fidato consulente tecnico di molte aziende di Montalcino.

Alessandro Lorenzetti è, secondo la Guardia di Finanza, la persona che nel periodo 2008-2013 è riuscita a commercializzare in cisterne, spacciandolo come vino Brunello e Rosso di Montalcino, un bel quantitativo di vino di modesta qualità.

 

Il bello è che non si parla di pochi litri ma di quasi 1650 ettolitri, (per la precisione 165.467 litri,  di cui 75.620 di Brunello di Montalcino e 89.847 di Rosso di Montalcino, per un valore che sfiora il milione di euro) che adesso sono sotto sequestro in alcune cantine di Montalcino. La frode è stata scoperta grazie ai controlli incrociati del Consorzio del Brunello, dei NAS e della Guardia di Finanza.

 

Ma con tutti i registri ed i controlli di cantina che ci sono uno si domanda come cose del genere siano ancora possibili. Anche noi ce lo siamo chiesti e quindi abbiamo chiesto chiarimenti a chi è addentro ai vari controlli.

 

In pratica, grazie alla totale fiducia che una decina di aziende vinicole di Montalcino avevano nel loro tecnico, questo, pur mantenendo inalterati i registri di cantina (dove si dichiara quanto vino è presente giorno per giorno) contraffaceva la denuncia delle uve e le relative quote in vino.

In altre parole: l’azienda X aveva prodotto nell’anno 50 quintali di Brunello (o di rosso) ma con gli ettari a disposizione avrebbe potuto produrne 80. Al momento della denuncia annuale delle uve il tecnico dichiarava il massimo, cioè 80 e nello stesso tempo allegava un ricevuta che attestava che quei 30 ettolitri erano stati venduti all’azienda Y. A sua volta nell’azienda Y arrivavano realmente trenta ettolitri di vino, però di scarso valore ma con i certificati attestanti il fatto di essere Brunello (o Rosso).In realtà i certificati erano in teoria veri (perché emessi dall’azienda X) ma in pratica falsi perché quel vino non era mia esistito. Così nelle botti di Brunello o di Rosso dell’azienda Y andava del vino diverso dal Brunello o dal Rosso che i certificati invece presentavano come tale.

 

Il cerchio si chiudeva con il tecnico che, a nome dell’azienda riscuoteva l’assegno in pagamento e naturalmente, lo versava sul suo conto corrente.

 

Questa in soldoni, pare sia il nocciolo della truffa, scoperta prima di tutto grazie a dei dubbi di un produttore e poi a successivi controlli incrociati.

Ora c’è da farsi anche un’altra domanda: se il Lorenzetti era l’organizzatore capo della cosa, le varie cantine X e Y presenti nella trama sapevano qualcosa o ne erano completamente allo scuro? A questo e a molti altri quesiti dovrà rispondere la magistratura che per adesso ha denunciato il Lorenzetti per “frode in commercio, accesso abusivo ad un sistema informatico, appropriazione indebita aggravata e continuata e reati di falso” e sequestrato il vino che ancora, per fortuna, non era stato imbottigliato.

 

Quindi si tratta di un “tentativo” di frode che non è riuscita per fortuna a toccare il consumatore finale ma solo le varie parti in causa, cioè il tecnico e le aziende coinvolte (a loro insaputa, ma è da dimostrare).  

 

A proposito di questo ennesimo tentativo di frode il Presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino Fabrizio Bindocci, ci ha dichiarato in esclusiva che il consorzio, oltre a costituirsi parte civile nel processo, non esiterà un istante a espellere dal consorzio stesso quelle aziende di cui non dovesse essere provata la buona fede. “Purtroppo- ha aggiunto Bindocci- il marchio Brunello è troppo appetibile e se uno vuole rubare va dove ci sono i soldi. Ma, proprio per garantire ancora più chiarezza al consumatore alcuni mesi fa abbiamo approvato una regola che obbliga qualsiasi azienda voglia vendere uva o vino ad un’altra, a dichiararlo al consorzio almeno 48 ore prima”.

 

Col senno di poi ci sembra proprio una norma per evitare casi come questo.

 

Però…però.. qualche dubbio sul ruolo di qualche produttore ci rimane. Ma quelli che acquistavano il vino non l’assaggiavamo al momento dell’arrivo? Possibile che, pur fidandosi ciecamente del consulente, non sia mai capitato a X di incontrare Y (Montalcino non è grande come la Francia) e di sentirsi dire qualcosa sul vino che avrebbe dovuto vendere o comprare? Inoltre.. chi ha trasportato fisicamente i vini in cisterna che ruolo ha avuto nella storia? Insomma, qualche dubbio ce l’abbiamo e la magistratura non avrà certo un compito facile a dimostrare “oltre ogni ragionevole dubbio” la buonafede di X o Y.

Chi invece non solo non può fa nascere dubbi sul suo operato, ma va ringraziato per aver agito, è il Consorzio del Brunello: vera parte lesa, assieme  all’immagine del Brunello, della storia.  

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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