Greco di Tufo, cinque bottiglie per cinque tendenze3 min read

In questi ultimi anni si è scritto molto di Fiano di Avellino e non a torto. Verifiche nel tempo e degustazioni coperte ne  hanno rivelato le qualità e la sua incredibile capacità di elevarsi nel tempo.

Come talvolta capita, però, la critica ha l’occhio del bambino: si concentra su quello che ha davanti perdendo di vista il reale nella sua complessità. E il Greco di Tufo, di gran lunga più venduto del Fiano, sembra quasi passare in secondo piano.
Quali sono le tendenze in atto? Si può parlare di una sostanziale omogeneità interpretativa? Il livello qualitativo e gustativo è sempre di altro profilo?

Prima di rispondere, dobbiamo specificare che restringiamo il campo alla docg riservandoci un secondo post sul Greco fuori dal Greco. Non solo nel Sannio infatti si trovano bottiglie capaci di reggere il confronto con chiunque (cito il Trois di Cautiero per tutti), ma anche nella stessa Irpinia ci sono alcune espressioni molto belle, da Cantina Giardino a Antico Castello per non parlre della Calabria.

 

Restringendo però il campo alla piccola area di questa denominazione, possiamo individuare queste cinque tendenze che hanno però in comune molto cose, dalla sapidità alla mineralità sulfurea tipica del vitigno coltivato in terre ricche di zolfo, dalla esagerata freschezza al corpo solido che lo rende un rosso travestito come dimostrano le analisi degli estratti che spesso lo avvicinano a un Piedirosso.

 

 

1-Greco di Tufo 2012, Centrella. Tradizionale ruspante

Una piccola azienda cult molto amata dagli appassionati campani per la sua capacità di esprimere un greco molto simile a quelli pre-metanolo, quando cioé non c’era l’abitudine di bere il colore bianco-carta. Non è certo un vino facilmente leggibile, ma molto efficace sul cibo. Esce con molta calma.

 

 

2-Vigna Cicogna Greco di Tufo 2013, Benito Ferrara. Tradizionale chic

Questa azienda sta al Greco come Clelia Romano sta al Fiano: l’ha fatto consocere nella versione più artigiana negli anni ’90 e adesso, millesimo dopo millesimo, lavora con un protocollo collaudato che pur non rinunciando alla esuberanza sulfurea è più preoccupato di raggiungere equilibrio e leggibilità. Tra quelli che negli anni evolvono meglio.

 

 

3- Nova Serra Greco di Tufo 2013, Mastroberardino. Benchmark

Il riferimento indispensabile per capire l’annata grazie alla esperienza consoldata di un’azienda che ha contribuito ha difenderlo e a rilanciarlo commercialmente. Nasce nel vigneto di Montefusco in un’area molto vocata e interessante. I sentori di minerali di zolfo sono più bilanciati dalle note fruttate di pesca gialla e albicocca, in bocca però è sapido, fresco, senza mediazioni piacione.

 

 

4-Greco di Tufo 2013, Torricino. Tradizionale moderno

Questa piccolla azienda alle porte di Tufo spinge verso la maturazione per avere un frutto più ricco e più bilanciato verso il frutto. La qualità del terreno e la vinificazione attenta ne fanno ormai un riferimento molto interessante soprattutto al palato dove la spinta è inesauribile grazie all’acidità e al sentore salato che contribuisce ad allungarlo notevolmente.

 

 

5-Giallo d’Arles 2012, Quintodecimo. Moderno tradizionale

Del vitigno questa esecuzione che prevede l’uso del legno nella vinificazione conserva l’enorme energia che sempre esprime al palato. Il naso invece è quasi esclusivamente puntato sul frutto, pesca gialla e zafferano, sicuramente il più dolce dei cinque ma al tempo stesso con un contraltare in bocca di sapidità e freschezza che lo rende simile agli altri quattro.

 

 

 
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Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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