Prosecco DOCG 2013: un vino da conoscere meglio!5 min read

La nostra prima visita nella zona del Prosecco DOCG è stata veramente istruttiva. Non ci riferiamo solo ai quasi 150 campioni degustati (e di cui potete leggere i risultati cliccando alla base di questa pagina) ma del “sistema Prosecco” declinato nella sua fascia alta.

 

Attraverso un bel numero di visite abbiamo ammirato (questa è la parola giusta!) un modo di produrre, commercializzare e vivere il vino che non può essere esportato completamente solo perché il prosecco ha caratteristiche peculiari e non ripetibili in altri sistemi vinicoli.

 

Quest’argomento verrà però affrontato in un altro articolo, in questo  presenteremo solo le classiche riflessioni sui vini degustati e sui risultati degli assaggi…anche se due parole sui panorami che si godono dalle colline attorno a Valdobbiadene sono d’obbligo.

 

Per farlo devo purtroppo dare ragione alla zia veneta di mia moglie che sostiene essere le colline di Valdobbiadene le più belle d’Italia (e quindi del mondo..). Per un toscano-chiantigiano sentire una cosa del genere equivale quasi ad un offesa personale ma in questo caso, moooolto obtorto collo, devo ammettere che la zietta ha ragione.  Non si può rimanere insensibili di fronte ad un panorama dove la vite si attacca letteralmente alla collina per poi accompagnarla in ogni suo declivio. Ci sono vigneti a Valdobbiadene da cui si godono panorami che ti fanno ringraziare dio di essere nato. Tra l’altro solo caprette molto allenate possono attraversarli tranquillamente,  figuriamoci cosa deve fare l’uomo per entrarci a lavorarli.  Panorami e territori del genere sono di una bellezza assoluta e lo sono anche grazie alla mano dell’uomo.

 

Questa “mano” li ha modellati per permettere alla vite di esprimersi e quindi vediamo come questa espressione si traduce in vino. 

 

Ripetiamo che i nostri assaggi hanno visto in campo solo i Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene DOCG, quella che potremmo definire la “puntona dell’icebergone” del Prosecco. Infatti con circa 70 milioni di bottiglie questa DOCG non solo è la più grande d’Italia ma ha accanto a sé il mondo del Prosecco DOC che di bottiglie ne produce, milione più milione meno,  oltre 250.  Questo vuol dire che il sistema prosecco ha praticamente superato lo Champagne come numero di bottiglie…scusate se è poco.

 

I nostri assaggi hanno spaziato dal Brut al Cartizze, passando attraverso l’Extra Dry e il Dry, con una piccola puntata nel mondo dei Prosecco  col fondo.

 

Come vedrete i punteggi non sono altissimi, ma questa non è la cosa più importante. Quello che conta è che tutti i vini ci sono apparsi corretti, ben fatti, mediamente piacevoli anche se (non si può avere tutto) tendenzialmente ripetitivi.

 

Siamo rimasti molto ben impressionati dai Brut, una tipologia nata da poco ma che continua a crescere. I vini sono puliti con nasi corretti che puntano spesso al floreale. Il corpo non è certo l’arma con cui aggredire il mercato, ma hanno buona freschezza e soprattutto una cremosità al palato di ottimo livello. Inoltre si percepiscono chiaramente note sapide che un numero superiore di zuccheri  tende a nascondere. Sono vini che danno tutto e subito, ma la loro sapida freschezza mi porta a consigliarli più da pasto che da aperitivo.

 

All’opposto i Dry e gli Extra Dry presentano le caratteristiche classiche del vino, con una piacevolezza in bocca che deve farsi largo tra dolcezza e citrica freschezza. Non amando molto i vini dolci in genere ho avuto qualche difficoltà iniziale per approcciarmi a queste tipologie (ed al Cartizze), ma poi la degustazione mi ha presentato bocche cremose ma non scomposte e nasi di media espressione ma con note che vanno dal floreale al frutto bianco.

 

I Cartizze erano pochi ma da quel poco che abbiamo potuto assaggiare ci sono sembrati  vini che hanno bisogno di più tempo per esprimersi. Purtroppo il  tempo nel mondo del Prosecco corre in fretta e quindi il rischio è quello di bere un vino non pronto che purtroppo costa anche molto, ma molto di più degli altri prosecco DOCG. Il consiglio è quindi di controllare il lotto di imbottigliamento e di non avere paura ad avvicinarsi ad un (buon!) Cartizze che abbia un anno o due sulle spalle. Del resto abbiamo avuto la fortuna di degustare dei Prosecco DOCG Dry o Extra Dry con 3-4-5- anni di bottiglie sulle spalle ed i risultati sono stati quasi superiori ai campioni dell’ultima vendemmia.

 

Se di Cartizze ne abbiamo assaggiati pochi, della tanto discussa tipologia “Col Fondo” ne abbiamo testati ancor meno, ma ci è rimasta la voglia di approfondire la conoscenza con questi vini che ci sembrano destinati a moltiplicarsi, non senza “rischi”. Infatti Una delle caratteristiche vincenti del Prosecco, anche declinato in DOCG, è la sua piacevole riconoscibilità anche passando da un’azienda all’altra. I col fondo invece, per loro caratteristiche si presentano sia come vini secchi, ma soprattutto come diversi l’uno dall’altro e, in alcuni casi anche da una bottiglia all’altra. Per carità, danno sensazioni particolari e spesso bellissime ma sono come “un sasso nello stagno” e possono creare onde che, se non ben gestite, possono portare un po’ di confusione. Da parte nostra li consideriamo vini interessantissimi e con cui ogni produttore locale di qualità dovrebbe cimentarsi, ma la loro conclamata diversità va ben presentata a chi è abituato a bere del normale Prosecco Dry.

 

Due note finali sui prezzi, che non sono proprio da affezione…probabilmente le scale sconti faranno miracoli, ma un buon Prosecco DOCG (se dio vuole) non viene svenduto a  3-4 Euro.

 

 

Hanno degustato i vini Alessandro Bosticco e Carlo Macchi

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE