Degustazione dei rossi pugliesi:il punto di Pasquale Porcelli4 min read

La degustazione organizzata da noi di Winesurf ( a proposito, grazie a Viviana e a Roberto per il grande aiuto) per  gli IGP (I Giovani Promettenti) ci ha permesso di fare un punto molto preciso dello stato dell’arte dei rossi pugliesi. Era ormai qualche anno che non facevamo un esame così approfondito sui vini rossi della Puglia e le aspettative, inutile dirlo, erano alte. Vediamo come è andata.

 

 

Negroamaro

 

Tanti i vini degustati, 87 per la precisione, che ci hanno permesso di avere una panoramica piuttosto  attendibile. Pur crescendo anno dopo anno il numero delle aziende che presentano vini di buon livello, si ha la sensazione che molte siano ancora alla ricerca di uno stile  convincente, schiacciati al momento su vini che  debbano piacere a tutti costi, perdendo in originalità e territorialità. Nonostante qualche acuto, non sembra che le cose siano cambiate da quanto scrivevamo negli anni passati. Panorama per lo più  statico lo definirei e questo nonostante  la Puglia del vino nel suo complesso  stia crescendo. Le cause?

Le annate ultime non hanno certo aiutato un vitigno dalla coltivazione non facile e questo ha complicato non poco. E’  comunque lo stile  il grande buco nero: la tecnica enologica ha fatto grandi passi ma è come si fosse fermata ai fondamentali non osando andare oltre e quando osa fa il verso  ad interpretazioni non originali. Negli ultimi anni le eccezioni si contano sulle dita di una mano e dopo i grandi exploit degli anni settanta, poco o nulla é stato aggiunto al livello qualitativo di un vitigno che attende ancora di essere interpretato compiutamente.

 

 

Nero di Troia

 

Ho sempre pensato che quest’uva fosse come nella commedia di Pirandello, in cerca d’autore. Le potenzialità (e continuiamo a dirlo da anni) ci sono tutte per un vitigno dalle caratteristiche nordiche: maturazione tardiva, colore decisi ma delicati, profumi tra i floreale ed il fruttato, tannino importante ed accenni sapido-minerali. Insomma si potrebbero ottenere vini di struttura e nello stesso tempo eleganti. Al momento le produzioni di grande livello, quelle qualificanti, sono ancora poche, ma c’è fermento e non solo nella tradizionale zona del Castel del Monte, ma anche in quella del Tavoliere dove nuove ed interessanti aziende si affacciano seppure timidamente sul mercato. Aspettiamo che le rose fioriscano e sarebbe ora.

 

 

Primitivo

 

Bisogna riconoscere che il consumatore medio italiano fa ancora di “tutt’erba un fascio” mettendo sotto il nome Primitivo vini molto diversi tra loro come sono principalmente quelli di Manduria e Gioia del Colle.

 

 

Primitivo di Gioia del Colle

Era una volta una novità, oggi è una certezza. Il suo successo mostra la  dinamicità di un territorio che ha trovato grandi interpreti ed una costanza produttiva che è una garanzia per il consumatore. Nessun territorio come quello di Gioia del Colle ha fatto così decisi passi avanti negli ultimi anni, interpretando il Primitivo in modo così preciso e lineare. Se oggi si parla di una nuova primavera del vino pugliese lo si deve soprattutto a questo territorio. I vini risultano, in modo particolare  quelli DOC,  caratterizzati da uno stile che li rende riconoscibili potendo  cogliere le diverse interpretazioni personali quando non  la loro zona. Moderni o meno quelli di Gioia sono Primitivi che mettono d’accordo tutti, critici e consumatori e non è cosa da poco: questa è una delle chiavi del loro successo.

 

 

Primitivo di Manduria

 

Al di là dell’innegabile fama nazionale ed internazionale, di cui gode il vino di questo territorio, (determinante in questo senso l’affermazione dell’ES di Fino, che però non era in degustazione), pur rilevando una qualità media di assoluto rispetto, manca un filo conduttore interpretativo. Troppo disomogenei i vini che hanno spesso un residuo zuccherino un po’ alto, che può anche  confondere. L’uso dei legni risulta più raffinato, meno invasivo che in passato, ma la sua storia ed il suo passato sono sempre in agguato, spingendo le produzioni spesso verso l’appiattimento. Intendiamoci, siamo ovviamente lontani dagli  anni dominati da vini difettati ed approssimativi, ma l’impressione è che forse una maggiore attenzione alla vigna, intesa anche come una diversificazione ed individuazione delle zone con vini dedicati, farebbe fare un salto notevole a tutto il territorio.

 

Pasquale Porcelli

Non ho mai frequentato nessun corso che non fosse Corso Umberto all’ora del passeggio. Non me ne pento, la strada insegna tanto. Mia madre diceva che ero uno zingaro, sempre pronto a partire. Sono un girovago curioso a cui piace vivere con piacere, e tra i piaceri poteva mancare il vino? Degustatore seriale, come si dice adesso, ho prestato il mio palato a quasi tutte le guide in circolazione, per divertimento e per vanità. Come sono finito in Winesurf? Un errore, non mio ma di Macchi che mi ha voluto con sé dall’inizio di questa bellissima avventura che mi permette di partire ancora.


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