Pietro Ratti: “l’Albeisa” di un nuovo giorno per i vini di Langa!6 min read

Figlio del compianto Renato Ratti è oggi responsabile dell’azienda di famiglia nonchè Presidente dell’Albeisa, l’Unione dei produttori dei vini Albesi. L’associazione nata più di trenta anni fa attorno ad un nuovo tipo di bottiglia è da sempre promotrice di Alba Wines Exibition.
Con Pietro abbiamo parlato della situazione del vino langarolo e non solo, a base di amichevoli frecciate reciproche.

 

W.Albeisa: come sta andando?
R. Mi sembra bene, visto che mediamente aderiscono 5-6 nuove aziende ogni anno. Io sono presidente da  tre anni ed ho sempre visto l’Associazione in crescita.

 

W.C’è bisogno di un gruppo di persone che si riunisce attorno ad una bottiglia per promuovere il vino di langa? Non ci sono già consorzi ed istituzioni per questo?
R. Albeisa, sin dalla sua creazione, ha due anime: è una bottiglia, cioè un fattore estetico, ma anche un veicolo per la promozione del vino. Noi siamo nati per promuovere, non per fare politica. Per questo organizziamo manifestazioni come Alba Wines Exibition. Questo è sicuramente il nostro evento più importante, tanto da allargare l’adesione anche alle altre aziende che non usano la bottiglia Albeisa.

 

W. Dicci la verita: diventare presidente Albeisa vuol dire superare dure lotte di corridoio o semplicemente essere quello che è rimasto con il cerino acceso in mano?.
R. Lotte di corridoio sicuramente non ce ne sono state! Mio padre però è stato fondatore dell’Albeisa ed ha anche  lavorato molto per il Consorzio. Io ho vissuto sin da piccolo in questa visione “sociale”, dove il volontariato era importante. Per questo quando me lo hanno chiesto  l’ho sentito come un dovere, oltre che come un onore ed un piacere.

 

W.Quale  è stato il più grosso errore dei produttori langaroli negli ultimi dieci anni?
R. Di aver invitato Carlo Macchi alle degustazioni di AWE.

 

W. Bene….. ed il secondo?
R. Oltre a continuare ad invitarlo?…. Parlando seriamente non vedo un errore particolare. Ne sono stati fatti tanti ed ognuno a casa sua fa i suoi, ma non vedo grossissimi sbagli. Forse quello più grosso è non  avere avuto una visione  ad ampio raggio ma molto legata al proprio particolare. Per esempio: c’è un‘esigenza di piantare X ettari di Barolo o no? Se c’è ed è sentita da tutti lo facciamo altrimenti non possiamo andare dietro ad ogni singola richiesta. Purtroppo invece le scelte vengono fatte un po’ così…. un produttore chiede di piantare e la Regione non riesce a dirgli di no.

 

W. Negli anni  2002-2003 2004 girava questa frase : i produttori langaroli hanno troppe BMW parcheggiate davanti ai ristoranti  e troppe bottiglie in cantina. Ora la situazione è cambiata?
R. In realtà Le BMW in quegli anni io non le ho mai viste, forse si arrivava alle Passat, che è già una bella macchina. Comunque dopo qualche anno difficile ora il mercato non è male ma non è certo spumeggiante come 7-8 anni fa. In quel periodo fummo coinvolti da un’euforia generale: non solo del vino, ma di tutto. Le normali regole vennero travolte. Credo che un periodo come quello, a livello mondiale, difficilmente tornerà o forse non tornerà più.

 

W.Quindi adesso come va?
R. Come detto soffriamo di meno ma siamo tutti più equilibrati, anche nei prezzi. Comunque sul prezzo io la vedo così. E’ fondamentalmente un rapporto domanda –offerta:  nel momento in cui tu hai tanta domanda hai però sempre poca offerta, perchè il Barolo è un vino prodotto in quantità limitate. Se c’è una richiesta tripla del prodotto, come in quegli anni , come si fa a dare addosso al produttore che, non potendo aumentare la produzione aumenta il prezzo?

 

W. Alla fine il problema non è poi aumentare il prezzo, ma diminuirlo quando devi farlo per motivi opposti di mercato.
R. Ci sono comunque annate meno buone ed allora il prezzo può calare .

 

W. Il primo libro di degustazione che ho letto era di tuo padre, Renato Ratti: uno di quelli che ha fatto la storia dell’enologia langarola ed italiana. Oggi, secondo te, ci si ritroverebbe in questo mondo.
R. Penso proprio di no! Papa è mancato nel 1988 e da allora il mondo del vino è cambiato tantissimo, nel bene e forse nel male, ma io sono un ottimista e dico nel bene. Per me in questo periodo c’e stato un  miglioramento enorme e poi ricordiamoci che negli anni ottanta ci sono stati scandali (come quello del metanolo n.d.r.) mica da poco. Il miglioramento qualitativo è dovuto anche al fatto che il consumatore oggi è molto più attento, più esigente e chiede molto di più al produttore. Che poi sia più attento grazie alla stampa che lo educa, grazie ai ristoratori ed a molti altri fattori è comunque sintomo di un mondo del vino che cresce. Oggigiorno il vino è di moda ma 20 anni fa non era così: fare vino voleva dire far parte di un altro mondo, diverso dal normale. Io ricordo le facce dei miei compagni di scuola quando dicevo che la mia famiglia produceva vino, non avevano un centesimo dell’interesse che potrebbero avere oggi.

 

W. Che lavoro vorresti facessero i tuoi figli.
R. Mio padre mi ha educato a fare scelte autonome, per questo sono arrivato al vino non per obbligo ma per passione. All’opposto mio fratello ha seguito altre strade. I miei figli se avranno voglia potranno seguire l’azienda, altrimenti faranno quello che vorranno.

 

W. Lo scorso anno tuo cugino Massimo Martinelli (che è responsabile assieme a lui dell’azienda di famiglia n.d.r.) disse pubblicamente che per capire veramente il Barolo ne aveva bevuto una bottiglia diversa al giorno per un anno. Tu per capire il Barolo cosa fai?
R. Io ne bevo molto meno! Scherzi a parte il Barolo l’ho imparato vivendo le vigne e cercando di capirlo da lì. L’ho respirato in casa per anni ma l’ho conosciuto realmente solo diventando viticoltore. Ripeto: vivendo il vigneto ho compreso molte cose che prima mi sfuggivano, in un passaggio lento e sentito.

 

W. Quale è stato il vino più buono che hai bevuto?
R. Non ho un vino preciso. Forse un mio barolo del 77 che tempo fa un ristoratore giapponese stappò in mio onore. Era una bottiglia addirittura firmata da mio padre ed io avevo paura di come poteva essere stata conservata e non volevo che la stappasse. Poi l’ha aperta ed era fantastica, veramente una forte emozione. Il vino non è solo qualità intrinseca, ma è anche il momento, l’emozione. La bottiglia che ti lascia un segno è sempre legata ad un momento preciso. Non è detto che quello sia il migliore in assoluto, ma lo diventa per te

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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