La sorpresa dell’astronave Custoza4 min read

“Da qui, messere, si domina la valle ciò che si vede, è. Ma se l’imago è scarna al vostro occhio scendiamo a rimirarla da più in basso e planeremo in un galoppo alato entro il cratere ove gorgoglia il tempo.”

Le immaginifiche parole iniziali del primo disco del Banco del Mutuo Soccorso mi frullavano in testa mentre Chiara, l’attivissima responsabile del Consorzio Custoza mi mostrava l’incredibile panorama che si gode dal suo agriturismo posto sulle prime colline del Custoza. Sotto di me si stendeva una fetta di Lombardia e tanto Veneto, ma non mi veniva voglia di scendere a rimirare da più in basso, perché stavo proprio bene al fresco collinare mentre sotto a me, nel “cratere” più che il tempo gorgogliava il caldo.

Più tardi avrei pensato che la prima impressione nel primo incontro di Winesurf con il Custoza  era stata quella giusta. Mi sentivo sparato in una specie di astronave sopra la pianura padana ed in effetti il Custoza è un “vino astronave”, ma ancora non vi dirò il perché.

Intanto sappiate che siamo in Provincia di Verona e la Doc Custoza Bianco copre circa 1500 ettari vitati, suddivisi tra due grosse cantine sociali con molti conferitori ed un gruppo di produttori medio piccoli che da poco tempo hanno capito di dover intraprendere una strada diversa da prima. E prima cosa succedeva? Succedeva che il Custoza era (in alcuni casi lo è ancora…attenti) un vino esile e acidulo, di prontissima beva e adatto ad un commercio locale, anche perché era difficile, commercialmente parlando,  uscire dalla morsa Soave- Lugana-vini del Garda.

Ad un certo punto a Custoza hanno deciso di sfruttare l’astronave che hanno sempre avuto ma mai messo in moto. Infatti solo con un astronave che velocemente va a raccogliere vitigni a destra e sinistra si può spiegare un disciplinare dove si sposano Garganega, Cortese, Tocai, Trebbiamo, Riesling e chi più ne ha più ne metta. Dall’alto dell’astronave hanno visto come si coltivava la vigna da altre parti e capito che il solo mettere assieme questa uve sarebbe servito a poco se non si cominciava a lavorare in maniera diversa.

Qui purtroppo c’è stato il primo “scalo tecnico” della nostra astronave, mentre al suo interno si combatteva una battaglia tra le alte rese (120 q.li più il classico 10% e poi…e poi..)di chi conferisce alle cantine sociali e le rese più umane di chi pensa di fare un vino più adatto al commercio interstellare di oggi.

Fuor di metafora: Ho chiamato il Custoza  “vino astronave” anche perché la sorpresa tra come me lo aspettavo (esile, acidulo etc) e come l’ho trovato è stata pari ad un inaspettato incontro con un’astronave extraterreste.

Ma come l’ho trovato? Un bianco moderno, piacevole, con alcune classiche tendenze del momento (leggi aromi di sauvignon derivanti invece da qualche lavorazione in iperiduzione), ma soprattutto con un corpo più che accettabile, una freschezza al livello di molti bianchi blasonati e con un qualcosa che lo caratterizza, tipo un profumo di zafferano ritrovato in alcuni campioni. Inoltre la possibilità di andare oltre l’anno di vendemmia non è dovuta solo ad alcuni vini dimenticati in cantina ma la longevità è caratteristica di alcuni Custoza che giustamente vanno per la maggiore. Un altro vantaggio del Custoza è che in zona ancora non è partita la “corsa al legno” oppure è partita ma senza le esagerazioni tipiche di molte altre zone.

Per venire ai nostri assaggi l’annata 2012 ci è sembrata piacevole e certo molto più in palla di come si poteva pensare visto il caldo. La media stelle, sicuramente favorita dai pochi campioni dell’annata (31), è di 2.51, al livello o addirittura superiore di molti altri bianchi italiani da Bolzano a Pantelleria.

Ma i difetti? In primo luogo un territorio che ancora non si è preso molto sul serio, non ha provato ad unirsi in maniera concreta ed a confrontarsi col mondo. Le cantine sociali servono indubbiamente da raccoglitore ma se nel Lugana, che dista pochi chilometri, le uve si pagano quasi quattro volte tanto un motivo ci sarà. La base ampelografica è particolare e su questo bisogna puntare, ma adesso questa particolarità viene sfruttata pochissimo e spesso i vini hanno poca identità territoriale.

Questi problemi non li vedo facilmente risolvibili a breve, anche con tanta buona volontà. Cambiare modo di produrre non è certo facile e per questo il mio consiglio è di mettere i produttori davanti sia al fatto compiuto, cioè ad una degustazione bendata dei loro vini, sia a come potrebbe essere il mondo, cioè una degustazione sempre bendata di Custoza con dentro campioni di altre zone. A quel punto potrebbero, in bene o in male, trovarsi di fronte ad una sorpresa  e trarne le conseguenze.
Insomma l’astronave Custoza, aldilà della mia sorpresa iniziale, dovrà buttare fuori tanta zavorra prima di alzarsi in volo e raggiungere le stelle.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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