Degustazioni Montepulciano d’Abruzzo: parliamone!5 min read

Possiamo girarci intorno quanto vogliamo ma forse è meglio sputare subito il rospo: i nostri assaggi dei Montepulciano d’Abruzzo non ci hanno soddisfatto in pieno.

Prima di provare a spiegarvi il perché è doveroso ringraziare I consorzi del Montepulciano d’Abruzzo, del Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane e cari amici come Annarita Carboni che ci hanno dato una mano per la raccolta dei vini. I vini sono stati poi portati da Zunica a Civitella del Tronto e lì, grazie a Daniele e al suo staff, abbiamo potuto assaggiarli nel migliore dei modi.

Adesso arriviamo ai perchè, prima però…..

Personalmente ho iniziato a frequentare assiduamente l’Abruzzo e i suoi vini da più di dieci anni. Mi sono subito innamorato di questo vitigno  generoso, che spesso e volentieri veniva (veniva????) utilizzato per aggiustare tanti vini più blasonati. Nei primi anni del nuovo secolo, accanto ai numi tutelari del vitigno e della denominazione (Valentini e Masciarelli), si stavano affermando diverse realtà spesso in mano a giovani produttori, che andavano a ricercare la loro identità aldilà di un uso spesso esagerato del legno. La vigna e soprattutto dove piantare la vigna era il nuovo futuro di una regione che incominciava a ragionare su se stessa e riscopriva che la viticoltura poteva anche essere fatta vicino al mare ma sicuramente l’interno (anche molto interno) aveva dato e avrebbe dato complessità e profondità di gran lunga maggiori.

Un “relativo” interno sono le colline Teramane, dove alcuni produttori storici (un nome per tutti, Illuminati) ottenevano già da anni vini dove si ricercava anche finezza e complessità aromatica. Questo nonostante si puntasse forte sulla pergola abruzzese (alias tendone) riducendone però drasticamente il carico attorno agli 80-100 quintali per ettaro.

Interno pieno è la zona tra Ofena e Vittorito, ricca di storia enoica e che da alcuni anni stava tornando a galla, sfornando diversi Montepulciano di sontuosa complessità.

Questo quadro si stava sviluppando con coerenza e sempre con alcuni nuovi innesti che rendevano ogni anno più interessante visitare l’Abruzzo. Anche nell’ultimo viaggio fatto nella primavera scorsa le visite in alcune nuove realtà mi avevano presentato un quadro tranquillizzante e (pur con i problemi di mercato) in ascesa.

Invece l’assaggio fatto a Civitella del Tronto ai primi di ottobre di quasi 130 tra Montepulciano d’Abruzzo e Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane non si è innestato in questo filone di crescita, mostrando  alcuni punti da discutere con attenzione.

In primo luogo sembra che “la corsa al legno” sia ripresa. Anche in vini di pronta beva, come possono essere i 2011 già in commercio, si percepisce in vari campioni una nota di legno eccessivamente coprente. Questo, oltre a farci pensare che le barriques vengano, visto il prezzo di questi vini, svendute a pochi euro (oppure si utilizza qualcosa di ancor meno caro come i chips), ci porta subito al principale problema riscontrato in diversi vini è cioè una difficile unione tra tannini del legno, tannini del vino e componente alcolica. Questi tre fattori non sempre riescono a fondersi bene: spesso l’alcol rimane fuori dal coro e tannini non molto maturi danno sensazioni poco piacevoli al palato. Purtroppo non solo nei vini giovani: i nostri assaggi sono arrivati addirittura fino al 2002 ed anche nella diversità totale delle annate il leit motiv si ripete piuttosto frequentemente.

Tutto questo porta come conseguenza ad una mancanza di piacevolezza e bevibilità, caratteristiche invece che pur nella loro “stazza”, molti montepulciano si portavano sempre dietro.

Per fortuna diversi vini escono da questa situazione: ne abbiamo trovati sicuramente di più tra i Montepulciano Colline Teramane che tra i DOC e questo è in linea con il processo iniziato agli inizi del secolo. Tra i Colline Teramane, pur avendo a che fare con la normale esplosività alcolica del Montepulciano, abbiamo incontrato vini più rotondi, con tannini finalmente levigati ma importanti. Anche i nasi sono meno eccessivi verso le note del legno e mostrano una pacatezza aromatica che sfocia spesso in complessità. Del resto la media stelle di 2.72 parla da sola. Siamo su livelli alti e pur avendo assaggiato un numero non certo enorme di vini (ma la DOCG non è certo grandissima) la risposta in termini qualitativi ci è sembrata omogenea e rassicurante per il futuro.

Per il Montepulciano d’Abruzzo invece (nelle medie abbiamo considerato anche un piccolo numero di riserve) la media stelle di 2.31 parla di una denominazione che nella sua enorme  estensione  ha sicuramente grandi prodotti  ma che forse dovrà sfruttare meglio le armi a disposizione, non affilandole ulteriormente ma provando a smussare alcuni toni che portano a squilibri dove il tempo da solo non può bastare a colmarli. Questo soprattutto per i prodotti di punta, dove spesso si mira molto su una potenza alcolica che  non si traduce in concentrazione fenolica e quando lo fa ricorda a volte la vecchia pubblicità della Pirelli “La potenza è niente senza controllo”.

Detto questo rimaniamo profondi e convinti sostenitori del vitigno e del territorio e speriamo che nei prossimi assaggi si riesca a percepire un ingentilimento di alcune asperità, dovute solo in parte al vigneto. Siamo anche felici dell’ottimo risultato della DOCG Colline Teramane che (oltre a dimostrarsi realmente e non solo sulla carta un’ enclave di livello) diventa per noi  il modello a cui il Montepulciano dovrà puntare in futuro.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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