Vigneti per caprioli, daini, cervi e cinghiali: tutto OK?3 min read

Oramai non c’è visita in un vigneto chiantigiano, ( per non parlare di Montalcino) che non si trasformi in una dolente “mise en place” dei danni alle viti da parte di caprioli, cinghiali e daini. L’ultima è di poche ore fa (vedi) proprio nel vigneto accanto a quello della piccola Rockea.

Il bello è che la nostra piccola vite non si trova in un vigna persa in un bosco, lontano da qualsiasi strada o tratturo, ma a 500 metri da una delle vie principali che portano a Castellina in Chianti. Questo per farvi capire come i timidi caprioli non siano tanto timidi e oramai si sentano, assieme a daini, cervi e cinghiali, a casa nei vigneti e nelle terre chiantigiane.

Sentendosi a casa loro “aprono il frigo e mangiano quello che trovano senza chiedere ”, cioè si cibano di quello che ha loro piace di più. Nel caso dei caprioli e dei daini questo è il periodo di uno dei loro piatti preferiti, i germogli della vite. Di notte o di mattina presto entrano in vigna e praticamente svolgono un accurato lavoro di “post-potatura” lasciando dietro di loro un filare, due, dieci, che non produrranno, per quell’anno uva.

Molti produttori hanno cercato di correre ai ripari recintando i vigneti, ma ho visto a Lamole reti alte due metri che i cervi o i daini avevano saltato senza il minimo problema.

Ho fatto partire in questi giorni una mail ai produttori di vino toscani per chiedere loro una testimonianza in merito. Questo perché oramai sono convinto che il problema dei danni da ungulati è uno dei  più gravi e nello stesso tempo dei meno sentiti per la nostra viticoltura. Tutti le storie che ci arriveranno verranno raccolte ed inviate sia alla Regione Toscana sia agli assessorati alla caccia delle province toscane più colpite da questa piaga.
Perché di piaga si tratta e non serve a lenirla il bel musetto di un capriolo, lo slanciato profilo di un daino o l’imperioso palco di corna di un cervo.
Da una parte sembra che i calcoli sul numero di capi in cattività sia sottostimato, portando così a cacce di selezione che non risolvono minimamente il problema. Dall’altra l’avere a che fare con animali “carini e bellini” fa pensare che il problema venga ingigantito solo per soddisfare le brame sanguinarie di infidi personaggi.

La situazione in realtà è chiara: per i cinghiali l’ibridazione con i maiali bianchi o l’importazione di altre razze diverse dal maremmano ha portato da anni ormai ad una moltiplicazione difficilmente controllabile sia del numero dei capi che della loro stazza. Infatti se prima una cinghiala poteva partorire in un anno a due, massimo tre nuovi capi, adesso si arriva tranquillamente a 7-8-10 cinghialetti per nidiata. Questi potranno diventare cinghiali molto più grandi che in passato, arrivando tranquillamente a 80-90 chili.

Caprioli, daini e cervi non si sono ibridati con nessun altra specie ma nei boschi del chianti iniziano solo adesso a trovare i “competitor” naturali (lupo in primis) e così, grazie anche all’abbondanza di cibo, sono arrivati a riprodursi a ritmi impensabili in passato.

Se in passato la situazione poteva essere circoscritta ad alcune zone adesso ci sono problemi un po’ ovunque. Dal Chianti a Montalcino, dalla Maremma all’entroterra pisano. Problemi che non toccano solo la viticoltura ma che per la particolarità di un vigneto portano alla perdita totale o quasi del raccolto.

In questa situazione le istituzioni stentano a dare risposte agli arrabbiatissimi agricoltori, spesso visti come chi vuole moltiplicare ad arte il problema dalle associazioni degli animalisti.

In realtà il problema è grosso, è sempre più grosso e se in certe zone non si affronta alla svelta rischia di diventare quasi insolubile.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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