Le anteprime, ovvero i forzati della degustazione4 min read

Ma le Anteprime, tutte, non avrebbero bisogno di una bella rinfrescata? Dopo quasi vent’anni di onorato servizio – le più “antiche” – il modulo  fatto di cene e soprattutto di assaggi (dell’annata appena vendemmiata, di quella appena entrata in commercio, ecc. ecc. ) frammisto a qualche visita in azienda o convegni non sempre di eccelsa levatura, è diventato quasi l’unico modo per comunicare i propri valori.

Mi chiedo. La degustazione è importante ma è un fine o un mezzo?  Punteggi o classifiche ci vogliono ma è mai possibile che siano diventate il vero elemento qualificante di queste manifestazioni tanto da essere quasi avulse dal contesto in cui si svolgono? 

Anche perché il “territorio” di cui tanti si riempiono la bocca ad ogni piè sospinto, si può ridurre ad una degustazione e ad un centesimo di punteggio? 
O c’è molto di più dietro questa concetto e di cui l’assaggio è solo uno dei momenti ma di sicuro non l’unico?

A parte le zone più piccole, i vini da assaggiare possono variare da diverse decine ad alcune centinaia. Trattandosi in grandissima parte di rossi strutturati e tannici, non è mai una passeggiata. Considerando poi che finite le degustazioni ci sono le visite in cantina – con altri assaggi – e le cene annaffiate abbondantemente dai vini, si tratta di vere e proprie maratone enologiche.

I forzati della degustazione (come definire altrimenti chi in 2 giorni si assaggia 350 campioni tra Rosso, Brunello annata, selezione e riserva ? ndr) sono impegnati per buona parte delle giornate in queste attività e per più giorni, come si è detto. Consideriamo anche che è sempre più invalso l’uso di presentare i “campione da botte “, vere e proprie bufale che di sicuro non rappresentano la media della produzione aziendale ma solo una selezionatissima partita. Questo perché nessuno presenterà mai il suo vino peggiore. A parte ciò, prima di essere imbottigliata, quella partita, in ogni caso subirà un’ulteriore messa a  punto. Ma allora quale valore può avere un giudizio su un vino non finito?

I tanti, ormai sempre più numerosi estensori di guide, consci del problema in qualche caso li evitano, altrimenti li assaggiano una volta durante l’anteprima di turno e poi successivamente per la selezione della propria pubblicazione.

 

Altra considerazione. Ormai queste Anteprime sono più a misura di straniero che non di italiano. Infatti  quale giornale italiano (strutturato) si può permettere di mandare un redattore per 4 o 6 giorni – come nel caso delle Anteprime Toscane o di Alba – a zonzo ad assaggiar Nebbiolo o Sangiovese ? I giornali “più elastici” tutt’al più possono invitare il giornalista – se possibile- a prendersi le ferie e partire a proprie spese. ….. Per i free lance la vicenda è ancora più onerosa per mille evidenti ragioni.

Insomma vanno forte, comunicati ed agenzie di stampa.  Per pubblicare la notizia basta questo o poco più, oppure una troupe televisiva per un paio d’ore.

Forse un approfondimento serio di un tema- senza quelli che non forniscono un numero a sostegno delle cose che dicono ma solo le loro impressioni, quelli che non si preparano, buontemponi, ecc. se ne sono sentiti sin troppi- che riguarda l’area di produzione o su cui la zona ha da dire o da comunicare – meriterebbe uno spazio maggiore di quanto non abbia oggi.

 

A parte rarissimi casi, i produttori di riferimento disertano questi appuntamenti perché non li ritengono adatti alle loro finalità e ai loro obiettivi. Troppa gente, troppa confusione, tanti e spesso improvvisati giudici: uno scarso interesse da parte loro è ampiamente giustificato.

 

Un paio di anni fa lo scrittore Antonio Scurati scrisse sul quotidiano La Stampa dell’ansia da catalogazione come la “Sindrome da Valutazione Compulsiva degli Anni Duemila”. Non a caso la considerava un “sintomo della nostra sopravvenuta incapacità di assegnare valore alle cose”. Mi trovo molto d’accordo con  questo modo di vedere e di sentire.
 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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