Da Pino Cuttaia a La Madia: grande pranzo e….cabaret6 min read

Licata, piccola cittadina portuale in provincia di Agrigento, non offre molte attrattive dal punto di vista turistico, non almeno per chi ha interesse verso i percorsi storico-archeologici. Ne ha però almeno una per coloro che preferiscono lasciarsi tentare dai peccati di gola. E dopo un paio di settimane trascorse nel tranquillo e tutto sommato piacevole anonimato gastronomico sanvitese, ci sentiamo pronti per cedere ai richiami del quinto vizio capitale. Da qui a decidere di mettere a frutto parte del capitale guidaiolo che imbarcammo a suo tempo, concedendoci la visita a uno dei più celebrati ristoranti siciliani, il passo è breve.

I più intuitivi avranno già capito che il locale è La Madia di Pino Cuttaia, che si trova su una delle direttrici che scendono a mare, poco prima che la Via Filippo Re Capriata si allarghi per fare spazio a un doppio marciapiede alberato.  Al numero 22 c’è la piccola e quasi anonima porticina d’ingresso al locale; si fatica a individuarla passando veloci in auto, acusticamente sollecitati come si è da un traffico restio a comprendere le difficoltà a districarsi di chi transita con targa “straniera”, ma una volta entrati ecco che l’atmosfera cambia di colpo e si fa largo un clima accogliente e sereno. 

Il dolore subito durante le preventive soste al Bancomat, è subito controbilanciato dalla constatazione di essere gli unici clienti e di avere in cucina, fatto non scontato,  Pino Cuttaia a nostra disposizione.  La sosta a La Madia si preannuncia dunque, oltreché emozionante sotto il profilo gastronomico, anche squisitamente ilare grazie a sei inaspettati clienti, sopraggiunti accompagnati da una robusta e sbandierata raccomandazione.

Sulla cucina de La Madia, aperto nel 2000 assieme alla moglie Loredana, e insignito della prima stella Michelin nel 2006, ne hanno scritto diffusamente i più quotati critici gastronomici ,approfondendone i risvolti ed i significati culturali e sviscerandone gli aspetti più tecnici legati alle materie prime ed alle tecniche di cottura. Già è stato detto quanto la cucina di Pino sia una cucina “della memoria”, di tecnica sopraffina e dai forti legami siciliani, e quindi a conti fatti, per restare su terreni più inesplorati, resta dunque ben poco che io possa dire in grado di interessare il lettore di Winesurf.

Me la gioco tutta, allora, sulle spigolature de “i soliti raccomandati”, non senza prima avervi elencato le delizie di cui abbiamo abbondantemente goduto. Non me ne vogliano i lettori e Pino stesso, per eventuali incompletezze di trascrizione dei piatti: ogni errore od omissione è da addebitare esclusivamente a me medesimo ed alla vergogna di prendere appunti durante la libagione.

Mi corre inoltre l’obbligo di precisare che, anche qualora possedessi un vocabolario sufficientemente ampio per aggettivare i piatti, non sarebbe in ogni caso abbastanza esteso per descriverne i piaceri da tali piatti provocati.  Il piatto di benvenuto è una spuma di mozzarella di aerea leggerezza, avvolta in “tela” di latte con panzanella di pomodorini passiti che ci galvanizza immediatamente.

A seguire Baccalà affumicato alla Pigna su purea di patate e polvere di olive, poi polipo Maiolini con lenticchie disidratate di Ustica, crema di ceci e spuma di acqua di cottura. La spuma è cristallizzata e richiama efficacemente l’idea degli scogli.

Quindi è il momento dell’Arancino con ragù di triglia e finocchietto e del Cannolo di melanzane avvolte in fili di capelli d’angelo croccanti. Chiude la Battuta di manzo all’olio di cenere con patate cotte nella cenere. Ci riposiamo con gli ultimi due piatti, la Granita di limone con panino e la Cornucopia (cannolo) ripieno di ricotta e gelato al Vecchio Samperi, che non è il nonno di nessuno, ma un Marsala di De Bartoli. 

Lapidariamente: eccellente in ogni piatto ed il conto sotto i 100 euro con una bottiglia di SP68 Rosso di Arianna Occhipinti che si è rivelato quantomeno versatile.

 

E veniamo alle “spigolature”, in questo caso propiziate dal luogo stesso. Premesso che secondo il Censis un italiano su quattro pensa di trarre vantaggio presentandosi con la “spintarella”, non avrei mai supposto che si potesse fare anche al ristorante presentandosi con il classico “Mi manda….”.

I raccomandati arrivano nel locale dopo aver telefonato un paio di volte per farsi indicare la strada e, dopo essere entrati, il dialogo si svolge più o meno così:

Avventore 1: “Uè Pino, mi manda Antò dice che si magia bbuono.” ( l’accento è campano)

Dopo aver lasciato i menù.

Pino: “Avete per caso qualche intolleranza a determinati cibi o alimenti?”

Avventrice 2: “Il crudo non lo preferisco ma l’importante è che il prezzemolo non lo mangio.”

Avventore 1 (evidentemente il capogruppo): “ Senti ammè, ma un pesciolino nostro ce l’avete?”

Avventrice 2(sovrapponendosi): “Ma…di primi vostri, proprio vostri che c’avete?

Pino (che inizia a essere perplesso): “Guardi, se volete dare un’occhiata al menù noi facciamo cucina creativa..”

Avventrice 4: “Fate per caso qualche crostino particolare, una schiacciatina,che so…”

Pino: (arrossendo) “Guardi, ripeto, noi facciamo cucina creativa…”

Avventore 3. “Ma non ci può fare i gamberi così, normali normali,arrosto con un filo d’olio vostro? oppure gamberetti o calamari fritti?”

Pino: “No signore, non li facciamo.”

Avventrice 4: “E i vongole, ci stanno i vongole?”

Pino: (che cadde tre volte sulla stessa frase) “No signora, facciamo cucina creativa ma se vuole,(con le vene del collo in fase di rigonfiamento)  una pasta  al pomodoro gliela faccio.”

Nel frattempo l’avventore1: “A Pino, guarda che mi so speso aquuà, eh! Che vulimmo fa?”

Pino, con pazienza e perseveranza: “Preferite fare il percorso intero o mezzo percorso?”

Avventore 1: “E faccimmo nu mezzo giro.”

Nel frattempo, in sala entra l’addetto ai vini chiedendo se avessero deciso qualcosa:

L’avventrice 2: “Io bevo colomba platino…senno nu chardonne o nu greco.”

Arriva il primo piatto di benvenuto,la “palla” di spuma di mozzarella che Pino spiega ai clienti:

Avventrice 2: “Ah, ma io a mozzarella nun la mangio.”

Pino: “Guardi che è una mozzarella vostra…”

Avventrice 2: “Ah, si?”  Dopo averla mangiata: “Bbona però, che robba è?”

Arriva un terzo piatto in tavola e Pino si appresta  alla spiega ma….

Avventore 1: “O Pino, aspetta nu mumento che sto al telefono….”

Intanto l’avventrice 5: “Ci deve consigliare qual cosina perché domenica ci ho il battesimo di mi fiio e voiio fare qualcosa di speciale: com’è che si fa sto piatto che m’è piaciuto?? Chiede indicando il Polpo Maiolini…..”

 

Mi avvio alla conclusione sperando che abbiate gradito il dialogo reale che si è svolto tra alcuni clienti che evidentemente hanno “sbagliato” il locale e uno Chef che in questo caso si è anche rivelato maestro nel tatto oltre che nel tocco. Molto probabilmente il suggerimento è stato fatto da una persona più tesa ad accreditasi come gourmet che interessato al benessere dei raccomandati.

Noi ci siamo divertiti e allo stesso prezzo abbiamo avuto pranzo e cabaret.

 

La Madia
Via Filippo Re Capriata 22
Licata (AG)
0922.774736
Chiuso: martedì e domenica sera
In agosto chiuso martedì e domenica a pranzo www:ristorantelamadia.it

 

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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