Degustazione bianchi sardi: ci aspettavamo di più3 min read

Della Sardegna ho imparato recentemente che è un’isola con rischio sismico quasi pari a zero. Visto quanto è successo ad Amatrice bisogna rallegrarsene e non poco, anche se scendendo nel campo del vino qualche “scossetta” ogni tanto potrebbe servire.

 

Scossette naturalmente non reali ma alla mentalità di diversi produttori, che sembrano piano piano “isolarsi” (in un’isola è ancora più facile…) e accontentarsi, specie per i bianchi, di una vendita dovuta al turismo e alla pregiata nomea che il vitigno vermentino sta avendo da diversi anni.

 

A proposito, erano diversi anni che non degustavamo vini sardi e così  abbiamo deciso di rimediare degustando non solo bianchi (che pubblichiamo adesso) ma anche rosati, rossi e dolci di cui parleremo più avanti.

Veniamo quindi a parlare dei quasi 90 bianchi degustati, la stragrande maggioranza vermentino o comunque a base di questo meraviglioso vitigno.

 

Mettiamo subito giù un dato, 34.1%. Questa è la percentuale di vini  che hanno raggiunto almeno le tre stelle: non è certo un dato rassicurante, specie se consideriamo che solo 4 vini hanno superato le tre stelle e nessuno è arrivato a quattro.

 

Possiamo dare la colpa alla calda annata 2015 che, oramai è chiaro, per i bianchi italici è stata veramente difficile, ma forse se nessun Vermentino di Sardegna è riuscito a mostrare aromi, corpo e freschezza per poter superare le 3 stelle, qualche colpa ce la potrebbe avere anche il signor… disciplinare. Infatti con 16 quintali per ettaro ( più naturalmente il 20%) non è che sia molto facile fare dei vini con corpo, profumi e struttura.

 

Sicuramente il vermentino, specie in Sardegna, è vitigno generoso e duttile, ma in annate calde e difficili servirebbe una “scossa” per invogliare a rese più basse e quindi a vini meno “allineati” sul semplice-andante-tanto-si-vende-tutto-al-mare.

 

Conviene a questo punto marcare la differenza tra Vermentino di Sardegna DOC e Vermentino di Gallura DOCG. Oltre al territorio naturalmente ristretto la differenza sta tutta (o quasi) nella resa per ettaro, che da 160 q.li passa a 100 e a 90 per il Superiore. Possiamo discutere quanto vogliamo ma 60-70 quintali in meno di possibile resa parlano da soli.

Capisco che le rese massime non è che vengano raggiunte sempre e comunque ma resta il fatto che in annate difficili come la 2015 un disciplinare così lassista (anche se, per onestà, le rese non sono purtroppo lontane da quelle di tante DOC bianche blasonate) non dà certo una mano dal punto di vista qualitativo.

 

Ma quali caratteristiche hanno i vermentini sardi DOC e DOCG del 2015? In alcuni casi mostrano poca profondità gustativa ed un corpo lieve, “aiutato” spesso da qualche grammo di zucchero residuo che, proprio per la poca sostanza dei vini, si sente molto di più del normale. Quindi ci possiamo trovare di fronte a vini poco marcati aromaticamente e con delle dolcezze al palato non supportate da adeguata freschezza. Per fortuna un buon 30% abbondante ( tra cui diversi IGT) mostrano invece nasi riconoscibili e piacevoli, con buona o ottima concentrazione.

 

La nostra paura, che speriamo si dimostri falsa, infondata  e dovuta forse ad assaggi non ritmati anno per anno, è che sotto sotto ci sia una minore attenzione all’alta qualità dovuta al notevole successo del vermentino sardo.

 

Speriamo di sbagliarci e per questo vi diamo appuntamento al 2016, 2017,2018.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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