Brunello 2010: annata…. didattica5 min read

Siamo ultimi assoluti! Maglie nere del “Giro degustazioni brunello 2010” e…….. sinceramente ce ne vantiamo. Crediamo infatti che per comprendere bene l’annata 2010 non solo ci voglia tempo, ma ci sia bisogno anche di una bella riflessione.

 

La domandona da porsi per provare a capirla non è tanto come e cosa sia il Brunello 2010 ma cosa NON sia il Brunello. Per farlo bisogna fare qualche passo indietro nel tempo.

 

Per un periodo non molto lungo ma coinciso con il grande boom numerico del Brunello e terminato più o meno 7-8 anni fa, molti vedevano nel Brunello quasi una versione DOCG dei supertuscan imperanti da uve sangiovese: vini cioè intensamente colorati, potenti, cicciuti, con tannini grossi e grassiv e legni importanti, pronti al momento dell’uscita solo perché si considerava il legno come “un’aggiunta piacevole”.

 

Questo periodo portò molti produttori ad interpretare il Brunello in maniera “strong”, contribuendo per me a creare un’immagine del vino abbastanza diversa da come doveva  o dovrebbe essere.

Il sangiovese infatti, per sua natura NON è un vitigno che si basa sulla potenza dei tannini o meglio dei tannoni, sul corpo ridondante, sull’opulenza gustativa (quindi, per inciso, NON è confrontabile con il Barolo se non per un discorso di longevità) ma è un vitigno che riesce ad unire buona o ottima potenza, freschezza ed eleganza, grazie a tannini certo importanti ma non certo al livello ed alla consistenza gustativa di quelli, appunto, di un nebbiolo importante.  Un vitigno quindi NON “modello Rambo”.

 

Nel momento in cui a Montalcino si è ri-capito che il sangiovese doveva principalmente esprimersi in eleganza e complessità si è iniziato un percorso a ritroso (naturalmente non omogeneo) che è passato anche attraverso annate non proprio baciate dalla fortuna come 2005-2007-2008-2009.

In questo viaggio “au rebours”, le annate dell’ultimo quinquennio sono state vere e proprie stazioni in cui controllare “i progressi”, migliorando molto in eleganza e complessità ma dovendo  giocare ancora su una certa rotondità per dare grazia a vini a cui madre natura non aveva dato (in qualche caso) un po’ di sostanza.  

 

Sempre in questi anni abbiamo assistito da più parti a critiche neanche tanto velate che confrontavano la struttura del sangiovese di Montalcino con quella del nebbiolo (magari di Serralunga) o di altre uve rosse molto strutturate e sentenziavano che il Brunello, per essere un vino da invecchiamento doveva avere più corpo, più potenza, più cavalli in corpo.

 

Con la vendemmia 2010 questi cavalli in più sono arrivati ma il bello di questa vendemmia è che si è finalmente lasciato libero il sangiovese di fare il sangiovese, cioè di avere magari più potenza accanto però alle classiche ruvidezze tanniche e a leggere (in qualche caso non proprio leggere) dissonanze acide che questo vitigno non può non avere: tutto questo per poi giungere a matrimoni enoici dove l’eleganza la farà da padrone.

 

Ma per arrivare ad un matrimonio che non si rompa dopo pochi mesi ci vuole tempo, e così il Brunello 2010 avrà bisogno di tempo per giungere ad esprimersi  come le migliori annate di Sangiovese, vitigno (ripeto) sicuramente di buona/ottima struttura e corpo ma soprattutto fine ed elegante, non certo potente e corposo come un Nebbiolo da Barolo, un Cabernet Sauvignon di livello, un Merlot importante di zone calde.

 

Quindi noi giornalisti enoici parlando del  2010 dobbiamo capire di essere di fronte a una fase di un processo importante che arriverà a compimento tra non meno di 5-6 anni e che valutandolo adesso si rischia forse di privilegiare ottimi vini, ma dove il sangiovese svolge un ruolo leggermente diverso da quello in cui riesce meglio: vini dove la potenza (sacrosanta,  specie se ricercata grazie a rese bassissime e certosini lavori in vigna) rischia di mantenere in essere il fraintendimento mediatico di un “SuperBrunello”.

Per carità, ripetiamo, alcuni SuperBrunello 2010 sono ottimi (in diversi casi sono piaciuti anche a noi) ma il rischio è che la ruvida eleganza del sangiovese rimanga in secondo piano.

 

Perché questo è il leitmotiv del 2010: una “ruvida eleganza” composta da corpo e acidità di ottimo livello che si stanno lentamente conoscendo, avvicinando, compenetrando e che arriverà a compimento tra non meno di 5-6 anni.

 

Da questo punto di vista crediamo che la vendemmia 2010 non possa essere definita  da termini come “eccezionale, unica o del secolo”  ma semplicemente dalla parola “ didattica”, intendendo con questo un’annata molto buona in cui il sangiovese riesce ad esprimere al meglio le sue caratteristiche.

All’interno poi di questa annata didattica ci sono anche vini a cui 5-6 serviranno a poco, solo a mantenere scompostezze spesso dovute a mancanza di corpo, ma questo fa parte del gioco, perché il sangiovese non può esprimersi bene ovunque. Per fortuna ci sono anche quelli a cui lo stare in bottiglia per anni darà quelle complesse finezze per cui, credo, il sangiovese debba essere ricercato.

 

Ricapitolando: la vendemmia 2010 a Montalcino è stata molto buona ed ha portato a brunelli che esprimono in maniera chiara le varie desinenze del sangiovese locale. Questo porta NATURALMENTE a vini leggermente scomposti in bocca e ancora leggermente chiusi al naso, che però col tempo troveranno la loro quadra in vini dotati di finezza aromatica ed eleganza gustativa. Se dobbiamo proprio fare una classifica nel decennio vediamo superiori sia il 2006 che il 2001, mentre la 2004 se la gioca alla pari.

 

Visto che parlare del 2010 ci ha preso più spazio del solito dedicheremo un articolo a parte agli altri vini degustati, Rosso 2013 e Riserva 2009.

 

Chiudiamo ringraziando sia il Consorzio per la solita grande disponibilità sia i produttori di Montalcino che ci hanno inviato i vini, pur avendo oramai venduto il vendibile ma sapendo perfettamente che è proprio adesso il momento in cui il Brunello 2010 può essere consumato a ristorante o comprato in enoteca.

 

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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