Luca Sartori:13 min read

Luca Sartori è il nuovo Presidente del Consorzio del Valpolicella. Lo abbiamo intervistato su temi non solo inerenti ai vini che rappresenta ma anche su scottanti temi di attualità che toccano il nostro mondo.

Winesurf
Ma lo sai che parlando con produttori di altre zone di come vanno le vendite, diversi mi hanno risposto: “Per non vendere Amarone non me la passo male!” Anche tu hai questa visione idilliaca?

Sartori
Io sono molto più prudente: indubbiamente negli ultimi anni c’è stata una notevole escalation di uve messe a riposo, dall’altra però se non c’è richiesta di mercato la cosa rischia di essere boomerang.
Da quest’anno abbiamo i dati completi relativi all’ imbottigliamento, da cui abbiamo visto che negli ultimi tre anni i quantitativi di bottiglie di Amarone si sono stabilizzate, tra gli 8 milioni e 8,3 milioni. Quest’anno le richieste danno un tendenziale sui 7,8 milioni e quindi  vediamo addirittura una lieve flessione. Adesso, per dire che nel 2008 se ne è venduto di meno aspettiamo i dati finali…….ma dobbiamo anche considerare che dall’annata prossima arriveremo una potenzialità di 12 milioni di bottiglie, l’anno dopo a 13 e l’anno dopo ancora a 14 milioni. La mia preoccupazione è prudenziale, perché magari troveremo un mercato per tutto questo Amarone, ma di fronte alla stabilità degli ultimi anni si dovranno trovare nuovi sbocchi e/o ampliare mercati esistenti, altrimenti si arriverà alla flessione dei prezzi.

W.
Se non è cresciuto l’Amarone cosa è cresciuto, il Ripasso?

S.
Ora…..prima che un produttore declassi un Amarone e lo chiami Ripasso….bisogna andarci piano, perchè i valori, nel secondo caso, sono molti più bassi. Comunque in questo momento il Ripasso ha grande richiesta e non ha flessione: lo vediamo perché sul mercato è praticamente introvabile ed abbiamo richieste da imbottigliatori fuori zona che ci chiedono partite di Ripasso. E’ indubbiamente il vino giusto nel momento giusto. Più fruttato, meno impegnativo rispetto all’ Amarone

W.
Lo avevo già chiesto al vecchio presidente e lo richiedo a te. Ma non c’ il rischio di fossilizzare la Valpolicella sull’appassimento e così dare un’immagine da zona di soli di vini passiti? Poi magari tra qualche anno cambiano le richieste del mercato e vi trovate con grossi problemi.

S.
A prescindere che il ripasso io non lo considero un vino passito ma, se vogliamo, indirettamente passito, sul fatto di identificarli dipende molto dallo stile dei singoli. Per quello che mi riguarda è un grosso dispiacere che non ci siano tre fasce ben distinte, perché anche il Valpolicella “base” ha una grandissima dignità e lo stiamo vendendo bene. Comunque abbiamo la fortuna di avere vini molto elastici, perché con le stesse uve puoi fare dal Valpolicella al Recioto.

W.
A proposito delle tra fasce…caschi a fagiolo: c’è un desaparecido in Valpolicella ed è proprio quel vino che potremmo chiamare di quarta fascia, cioè il Valpolicella Superiore, su cui in passato si era puntato molto ma che adesso sembra diventato “solo” un super ripasso.

S
In realtà è così! E’ triste dirlo ma dobbiamo riportare tutto ai livelli di renumerazione del vigneto. Il Superiore Ripasso in realtà ha molto più valore aggiunto del Superiore. Se andiamo alla borsa merci i prezzi del Classico Superiore e del Classico Superiore Ripasso sono sovrapponibili, però alla stessa cifra è molto più facile vendere il secondo rispetto al primo. Quindi è un semplice riposizionamento del prodotto perché fare del semplice Superiore non paga, mentre se  lo facciamo e poi lo ripassiamo si ottiene quel valore aggiunto che ti dicevo.

W.
Il Ripasso nasce storicamente dal Valpolicella base per dargli più profumi e corpo.  Non credi che fare il Ripasso dal Superiore è un po’ “amaroneggiare “il vino?

S.
Oggi il ripasso deve avere 13° minimo. Visto che l’arricchimento non puoi farlo oltre due gradi e che partendo da un Valpolicella con grado alcolico minimo di 10°,  non puoi arrivare a 13 è quasi giocoforza farlo nascere dal Superiore,  che prevede come gradazione minima 11°.

W.
Io, da cattivaccio, vorrei che a questa domanda tu rispondessi si,  invece mi risponderai sicuramente no: potrebbe succedere qui una cosa come è successa a Montalcino?

S.
(attimo di silenzio…) NO!

W.
Perché?

S.
Perché abbiamo la fortuna di avere questa insaltona mista di uve, a cui recentemente ne sono state aggiunte altre (tipo petit verdot n.d.r.). Quindi non credo si possano avere gli stessi problemi del Brunello, dove “pare che”, abbiano usato altre uve oltre il Sangiovese. Ora…in un gregge di pecore bianche quella di un altro colore si vede…nel nostro gregge invece sono brizzolate, di colori diversi. Per questo il problema Brunello mi sento di escluderlo.

W.
La fascetta che avete inserito da poco garantisce dal produttore al consumatore, ma come fa a garantire il prodotto a monte, in altre parole come si fa a sapere quali uve o quali vini arrivino in cantina?

S.
Il piano dei controlli Erga Omnes prevede una percentuale di controlli in vigneto. Se il 100% fosse possibile potrei dare risposte ancora più serene e sicure. Comunque in questa fase e soprattutto quest’anno abbiamo collaborato ed abbiamo avuto l’appoggio della repressione frodi e del corpo forestale dello stato (Ci sono stati moltissimi controlli in cantina prima e durante la vendemmia da parte di questi organi n.d.r.) proprio perché volevamo essere più sicuri.
Pur con questi controlli sono stati rilevati solo alcune non conformità alle gradazioni minime per le uve da mettere a riposo. Questo perché da alcuni anni la gradazione si raggiungeva facilmente, mentre in questa vendemmia non è stato facile e soprattutto siamo dovuti andare in avanti con la vendemmia.Ti do un dato divertente: di rifrattometri in Valpolicella non è che se ne vendano come le sigarette,  ma quest’anno ne sono stati venduti 380, tanto che hanno esaurito le scorte.

W.
Ma quale è quest’anno il prezzo dell’uva?

S.
Sull’uva da Valpolicella siano ad 1 euro a chilo, che è già tanto…ma tenetevi bene perché…. quella da appassimento arriva quasi a 2 €.

 

W.
Facendo i conti in tasca ad un produttore di uva…..
S.
Dunque: si può mettere a dimora fino al 70% della resa massima (120 q.li  n.d.r.). Sono quindi 84 quintali di uva, facciamo per 2€. Vendendo il resto come Valpolicella si arriva a 20-22 mila Euro ad ettaro. Non so se in Alto Adige si arrivi a queste cifre, ma non credo. In Toscana sicuramente non ci si arriva. E’ un reddito molto soddisfacente.

W.
Veniamo ai problemi seri: che cosa è cambiato dopo Vinitaly dello scorso anno?

S.
In Valpolicella non è cambiato moltissimo, anche se le preoccupazioni c’erano perché quando scoppiò “la bomba” ero presidente da una settimana, inoltre sono dentro al consiglio di Amministrazione di Federdoc ed eravamo tutti li a Vinitaly quando è uscito l’articolo..è stato un momento molto concitato.
La prima cosa che ho fatto, anche perché sembrava che al Consorzio del Brunello ci fosser scheletri in qualche cassetto..è staot capire se in Valpolicella ci poteva essere lo stesso tipo di problema: se vi erano state forme di protezione  per lobby o singoli produttori. Abbiamo tirato fuori tutti gli incartamenti e si è visto che noi abbiamo sempre segnalato le non conformità:  non c’era niente che era rimasto qua fermo. Dopo di che inizi a radiografare le situazioni e, vedendo i problemi degli altri, vai a vedere dove potevamo avere degli accavallamenti……

S.
Accavallamenti??

W.
Vigneti non in regola o cose similari. In Valpolicella però non ci sono problemi di questo tipo. L’unico problema poteva essere quello ventilato da qualche parte  ma mai confermato, che in caso di annate con grandinate qualcuno si è ritrovato comunque con il carico di uva perché portata da zone molto vicine..

W.
O molto lontane….

S.
O molto lontane…non so. Comunque queste voci mi hanno preoccupato ed ho chiesto personalmente aiuto al Ministero, per ovviare al fatto che se ciò fosse successo in passato non dovrà accadere in futuro. Per fortuna mi hanno ascoltato ed hanno messo in campo tanti, ma tanti controlli sul territorio. E questo comunque un anno pilota perché se avevamo 20 persone in campo l’anno prossimo ne chiederò 40.

W.
In altre parole vuoi passare tra i produttori come “il colpevole” dei controlli che hanno avuto.

S.
Se uno non ha problemi non ha paura dei controlli, dove è la difficoltà. Anche perché quando una denominazione è di prestigio e di pregio è giusto che vengano tutelate certe cose. Piuttosto il vero problema sono i prodotti falsi, quelli che il consorzio non può controllare.

W.
Mi diceva Fasoletti (direttore del consorzio n.d.r) che quella partita sequestrata a Livorno voi la stavate seguendo da alcuni anni

S.
Da alcuni anni no, si parlava di una partita di Amarone completamente falso da 7-8 mesi. Comunque il problema del falso completo è che non è detto che venga fatto in casa. Anche se questo pare venisse da Treviso, potrebbero farlo in Canada o in Messico e così lontano è  difficile “inciampare” in un controllo. Ecco perché arriviamo alla fascetta. Da una parte per farci vedere quello che già c’è, cioè controllo e tracciabilita, ma soprattutto perché la fascetta è un elemento distintivo di un prodotto che così viene reso unico . Inoltre falsificare la fascetta è un reato di falsificazione di sigillo di stato ed è previsto anche il carcere immediato per chi lo fa.

W.
Stiamo facendo una campagna dal titolo “Meno pesa più vale” per dimunuire il peso delle bottiglie. Valpolicella ed Amarone sono proprio nell’occhiodel ciclone perché usano sempre bottiglie molto, troppo pesanti. Ora, in un momento in cui tutti cercano di fare qualcosa per migliorare il mondo in cui viviamo, il Consorzio della Valpolicella si sentirebbe di dare un chiaro segnale e di “consigliare fortemente” i produttori a diminuire il peso delle proprie bottiglie?

S.
Questo è un argomento di attualità: ci arrivano richieste in tal senso specie dai mercati esteri. Facendo le bottiglie pesanti tutto costa di più, tanto che nel mercato inglese, anche se la cosa può far inorridire, stanno chiedendo bottiglie in plastica dura. Sono lavorabili come quelle in vetro, anche sulla linea di imbottigliamento, ma non sono certo il massimo per un vino di qualità. Nell’immediato il consorzio può essere un portavoce di questa campagna che personalmente appoggio in pieno. Una  soluzione, almeno per quanto riguarda il Valpolicella base  potrebbe essere il bag in box, ma nel consiglio ci sono resistenze. Sull’Amarone si potrebbe invece approfondire il discorso sulle bottiglie leggere. La Saint Gobain ha messo in commercio una bordolese leggera che pesa 320 grammi. Per adesso è solo prevista per il tappo a vite, ma questa potrebbe essere un idea. Bisognerebbe anche capire se il consumatore vuole, su bottiglie come l’amarone una bottiglia leggera.

W.
Intanto si potrebbe passare da 700 gr a 500 gr..

S.
Infatti noi in azienda usiamo la champagnotta standar da 600 gr. Comunque con una campagna del genere, preoccupandoci di quello che succede una volta che il vetro esce dalle nostre cantine, dimostreremmo anche una grande sensibilità per l’ambiente.

W.
Domanda da un milione di dollari: alcol e giovani! Il veneto è una delle regioni più toccate. Partendo dal fatto che il produttore di vino viene di fatto  criminalizzato sempre più e che si corre il rischio dell’introduzione di regole severissime che metterebbero tutti a terra, ho proposto al mondo del vino di creare un fondo, tipo con un centesimo a bottiglia, da utilizzare per educare al vino. Rivolgendosi non tanto a chi fa i corsi di degustazione ma a quelli che vanno a comprare il bottiglione di vino ad un Euro, la bottiglia di vodka da 8 Euro, insomma a quella parte di mondo che beve ma che non ha la possibilità o la voglia di avere una sana educazione la vino. Pensi che si possa fare?

 

S.
Assolutamente si! Anche perché si vocifera, di portare i limiti a zero. Questo vuol dire che chi fa i corsi di degustazione perderà tutti i partecipanti, i professionisti come gli enologi non potranno più lavorare se non con l’ autista astemio di fianco e potrei fare altri mille esempi. Questa è un assurdità perché sono convinto che gli incidenti  non avvengono a causa di chi beve due bicchieri ma di chi prende un mix di superalcolici, pasticche, etc.
C’è una certa immobilità in Italia, in attesa di qualcosa che succeda dall’altro. E intanto abbiamo un calo dei consumi del vino a ristorante del 30-40 % per non parlare di grappe e superalcolici.
A questo punto o vietiamo la produzione del vino, perché per comprarlo non c’è bisogno di una qualche patente e quindi possono farlo tutti, oppure ci rendiamo conto che è un problema di informazione che manca. Questa non può essere demandata solo ai corsi di degustazione ma dovrebbe nascere una campagna nazionale per fare da antagonista a chi vuole colpevolizzare chi produce vino e che porti ad un approccio diverso del pubblico che si fa influenzare dall’articolo che parla dei morti per alcol.

W.
Non credi che in alcuni casi questo accanimento abbia anche risvolti finanziari, tipo multe in serie..

S.
In certi casi è certo una soluzione per risanare bilanci come con l’autovelox, perché se la sera ti metti a fermare vicino i ristoranti… su 100, 80 sono probabilmente da multare. La mia paura è che si crei un clima come nel proibizionismo, che portava a consumi ancora maggiori e senza regole, con effetti opposti.

W.
Quindi tu credi che a questo punto i produttori dovrebbero fare qualcosa di importante.

S.
Vedi, come ho detto è probabile che si voglia portare il limite a zero. E in teoria la cosa potrebbe anche reggere. Si dice che è inutile stare a fare i calcoli di quanto puoi o non puoi bere: non bevi e festa finita! Messa così è dura:  andiamo a sconvolgere il nostro stile di vita che non è certo quello dell’ubriacone. Vorrei vedere se mangi una fiorentina con un bicchier d’acqua o con un bicchiere di Brunello, credo che le emozioni che puoi avere siano molto diverse. Perché privarsi di queste piccole cose, che comunque fanno parte di una tradizione e di una cultura: bisogna trovare il modo di conviverci senza andare a diventar tutti criminali. Sicuramente una strada c’è.

 

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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