Ricci Curbastro: non perderemo nemmeno una DOC!11 min read

Questa volta non siamo riusciti ad andare in Franciacorta per la nostra seconda intervista a Riccardo Ricci Curbastro, Presidente Federdoc. La  lunga chiacchierata si è svolta telefonicamente.

 

 

Winesurf
“Parlare con te in questi giorni è come farlo con Berlusconi. Lui deve risolvere moltissimi problemi ed anche tu, a parte Alitalia, stai lavorando su diversi fronti.”

Riccardo Ricci Curbastro
Piano con i paragoni….(ride).

W.
Torniamo seri. Uno dei campi su cui agisci ed hai agito, come Presidente Federdoc è quello dell’OCM vino. Riguardo al tema degli espianti mi sembra che oramai si sia arrivati al “redde rationem”ma pare che non ci siano grandi certezze su come e su quanto. Ci sai dire, alla fine, quanto spianteremo in Italia e soprattutto: dovremo farlo per forza?

R.C.
Sulle cifre non ho con me i dati precisi e quindi, non volendo dire una cosa per un’ altra, mi devi scusare. Comunque l’espianto è una misura facoltativa per le aziende, quindi sarà legato solo ad un ragionamento di convenienza economica.

W
Non è che in Italia si debba per forza spiantare “tot” ettari e da qualche parte dovranno venire fuori.

R.C.
Non necessariamente: secondo le previsioni se fossero per esempio, mille, questa cifra non andrà superata, ma si potrà rimanere tranquillamente sotto questo livello.

W.
Si potrà anche spiantare zero e non succederà nulla?

R.C.
Dal punto di vista dell’Italia non dovrebbe succedere nulla, solo ne approfitterà qualcun altro.

W
Passiamo ad un problema ancora più controverso e oscuro: DOC e DOCG che dovranno trasformarsi in DOP e IGP. A questo punto non ti chiedo “secondo te” ma proprio “Secondo Bruxelles” cosa accadrà?

R.C.
Il ragionamento di base è che l’Europa ritiene che per meglio proteggere le denominazione (vino e prodotti agroalimentari) ci vuole un unico registro, aperto anche a paesi terzi. Non per niente Napa Valley  è una denominazione protetta dall’Unione Europea…..

W
Questo fa pensare…

R.C.
Per me fa ben pensare, perché a noi può solo far piacere che si inizi ad inserire nell’ordinamento americano il concetto di denominazione. Ma torniamo alle liste: Bruxelles sostiene che due sono troppe. “Non posso combattere per le DOP  da una parte e le DOC  dall’altra. Mi indebolirei e  disperderei troppe energie.” Così è stato deciso che serve un solo registro, dove entreranno  le circa 800 denominazioni italiane,  tra vini, formaggi, salumi etc.

W.
Questo passaggio come avverrà?

R.C.
Integrando le regole delle DOC con quelle delle DOP: quindi ci sarà bisogno di qualche modifica ai disciplinari ed in futuro verrà seguito un diversa metodologia. Oggi sono riconosciute dal governo, domani dal registro unico, cioè Bruxelles. Comunque i termini a cui siamo abituati, come DOC e DOCG non scompariranno perché in etichetta potremo scrivere DOCG-DOP, come oggi scriviamo DOCG- VQPRD.

W
Hai detto che le future Denominazioni dovranno registrarsi a Bruxelles, ma a quelle esistenti cosa succederà. Le Città del Vino dicono che diminuiranno drasticamente…

R.C.
Non succederà assolutamente niente, nel senso che il registro attuale verrà trascritto in quello comunitario.

W
Quindi tutto il discorso che le DOCG possono schiacciare altre DOC, della loro diminuzione drastica…

R.C.
Sono tutti esercizi filosofici, con rispetto per i filosofi, che non hanno riscontro in quello che c’è scritto nelle carte. Il registro DOC-DOCG  verrà trascritto in quello superiore. Dopo di che, per le nuove, varranno le regole di Bruxelles e lì si dovranno iscrivere.

W
Quindi…..vediamo di capire bene…quante sono oggi in Italia DOC e DOCG?

R.C.
Mi pare si sia arrivati a 357.

W
E queste 357 rimarranno 357 nel registro comunitario? Esatto?

R.C.
Esatto!

W
Mi scuso con te e con i lettori ma io su quest’argomento ho una grande confusione in testa: le DOC e DOCG si trasformeranno in DOP e basta?

R.C.
SI

W
Niente IGP?

R.C.
Preciso!

 

W
Anche perché, se non sbaglio, IGP è quella indicazione dove non hai tutta la lavorazione all’interno di un territorio,esempio la Bresaola della Valtellina fatta con Zebù brasiliano.  Se questa regola ricadesse nelle nostre DOC-DOCG si potrebbe fare Barolo  con Nebbiolo australiano?

 

R.C.
Sicuramente prevarrà l’origine del’uva. Si sta discutendo su questo ma sono sicuro di quanto dico.

 

W.
Perché la mia paura è proprio questa: IGP tutela o filiera produttiva o prodotto; non riesce a tutelare tutti e due.

 

R.C.
Guarda che questo buco si è gia aperto in un altro modo, con l’etichette dei vini da tavola, dove si potrà riportare varietà e annata e si potrà scrivere  “vino” e non “vino da tavola” ed addirittura “Vino Comunitario”.

 

W.
Ma nelle DOC e DOCG il problema della provenienza delle uve ci sarà?

 

R.C.
Tranquillo, non si potranno scardinare le regole attuali.

 

W
Dall’estero veniamo in Italia , a Montalcino. Di quale ruolo sei stato investito dal Ministro?

 

R.C.
La commissione sta affiancando il Consorzio ….

W
Aspetta: ripartiamo dal decreto. Questo ha creato una commissione composta da tre persone cosa dovete fare?

 

R.C.
Fondamentalmente tre cose: verificare che il sistema dei controlli “Erga Omnes”, risponda alle esigenze della denominazione, accertarsi  se esista una possibilità analitica che attesti inequivocabilmente la presenza di Sangiovese al 100% e capire quanto sia necessario ragionare di modifiche al disciplinare.

 

W
Tre cosucce insomma. Ma state lavorando… praticamente?

 

R.C.
Anche oggi, tra due ore, ci riuniamo.

 

W
Quindi oramai siete attivi da tempo..sul tipo di  analisi a che punto siamo.

 

R.C.
Per noi c’è un  laboratorio valido, che è quello tra l ‘altro che sta utilizzando il Pubblico ministero per le indagini in corso.

 

W
Quindi adesso cosa si farà?

 

R.C.
Questo non te lo posso dire: porteremo le nostre considerazioni al ministro e lui deciderà cosa fare. Le nostre conclusioni, al momento attuale, non posso dirtele.

 

W
Visto che non parli ti faccio una domanda cattiva. E’ giusto dire che sul fronte dei controlli voi siete stati messi al posto del Consorzio?

 

R.C.
No, il Consorzio continua ad operare come ha sempre fatto: noi stiamo solo valutando i sistemi di operatività.

 

W
Abbiamo parlato di disciplinare. Ovviamente non puoi dirmi nulla.

 

R.C.
Invece qualcosa posso dirti. Ritengo che sul disciplinare molto lavoro debbano farlo i produttori.

 

W
E su questo non ci piove, ma le tue idee quali sono?

 

R.C.
Anche su questo ho dovere di riservatezza perché le mie idee potrebbero diventare lo spunto per altre discussioni infinite.

 

W.
E allora altra domanda cattiva. Alla luce di quanto sta accadendo, non credi che un consorzio di tutela, formato da produttori e finanziato dagli stessi, abbia oggettive difficoltà a controllare ed eventualmente denunciare i propri associati?

 

R.C.
Credo proprio di no! Per fare un’ auto bisogna seguire certe regole e poi andare a farla omologare da un’ autorità pubblica. Poi la macchina è garantita dallo stesso marchio. Nessuno si è mai scandalizzato se il signor Porche o Agnelli hanno garantito le loro auto. Per questo non vedo nessuno scandalo se dei produttori proprietari del marchio Montalcino, una volta che lo stato ha fissato degli standard, partecipano alla gestione del loro marchio.

 

W
Partecipare è una cosa……

 

R.C.
Loro possono partecipare, non fare multe. Le multe le fa qualcun altro.

W
Però loro devono comunicare se ci sono problemi e da quello che è venuto fuori (pur essendoci ancora indagini in corso) pare che non proprio subito siano stati evidenziate alcune mancanze.

 

R.C.
Come tu sai ci sono i verbali di non conformità lieve e non conformità grave. Tali non conformità sono descritte in un manuale operativo. Le non conformità lievi non venivano e tuttora non sono comunicate all’autorità pubblica, perché possono essere risolte in maniera semplice. Se la risoluzione della non conformità non arriva, allora divengono gravi e devono essere denunciate.

 

W

Parliamo d’altro. Avrài sicuramente letto che in Champagne alcune importanti Maison hanno diminuito di 65 grammi il peso delle loro bottiglie. Cosa ne pensi?

 

R.C.
Penso che tutto quello che oggi possa rappresentare risparmio, e sottolineo risparmio perché non credo alle vocazioni ecologiste, sia il benvenuto.

 

W.
Sulla bottiglie di vino spumante siamo forse all’estremo, ma sulle bottiglie di vini fermi una diminuzione di peso potrebbe essere anche molto più drastica e remunerativa, non trovi?

 

R.C.
Guarda che oggi girano bottiglie molto leggere. Un tempo andava di moda il detto “bottiglia pesante, vino buono”. Una specie di Parkerizzazione della bottiglia. Ma oggi le cose stanno cambiando e credo che questi problemi si risolveranno, li risolve il mercato, il buon senso.

 

W
Ma non credi che si potrebbe fare di più? Per esempio come Federdoc o anche come singoli consorzi potreste sensibilizzare i vostri associati a usare bottiglie più leggere.

 

R.C
Non è proprio quello di cui Federdoc si occupa “statutariamente”, anche se rientra in molti temi che trattiamo. Per esempio, anche il bag in box, richiesto da alcune DOC, è una risoluzione in questo senso.

 

W
Ultime domande  su un argomento molto serio: Alcol e giovani! Premettendo che secondo me bisognerebbe intervenire non sui giovani che si avvicinano al nostro mondo ma sulla grande massa, che ne è lontana anni luce e che regolarmente è quella più colpita….Cosa potrebbe fare il mondo del vino sul problema dell’alcolismo, specie nelle fasce di età giovanili ?

 

R.C
Bisogna sempre usare molto equilibrio in queste cose. Il vino è un elemento fondante della nostra cultura e molti episodi accaduti sono legati ad una carenza di educazione culturale in questo senso.
Il problema, ripeto, è di forma culturale: come poter reintrodurre, sin dai primi anni di vita, nella nostra cultura queste conoscenze che non sono solo di ordine alimentare? Per esempio: nessuno da piccolo ti ha mai detto che non si doveva andare a scrivere con le bombolette sul Colosseo, perché era dato per scontato, era un punto base di una educazione corretta. Inoltre ho anche grande paura dell’effetto pendolo: dal punto di vista delle istituzioni si passa dal  non far nulla al proporre l’omicidio colposo ed in mezzo non c’è niente di quella che si può chiamare prevenzione ma che io chiamo educazione e cultura. Credo dovremmo ripartire da lì. Personalmente  sono molto felice quando vedo le scolaresche in cantina a fare lezione sul vino.

 

W
Tu hai parlato di educazione. Proprio perché educare dentro e fuori la scuola ha dei costi , come vedi la proposta di creare un fondo pagato dai produttori stessi, magari con mezzo centesimo a bottiglia  prodotta che, in perfetto accordo con il Ministero della Salute e dell’Educazione, serva per affrontare seriamente il problema della conoscenza dell’alcol e dei suoi effetti?

 

R.C.
La vedo bene come idea ma la vedo malissimo come realizzazione pratica che, specie nel nostro paese, significherebbe  mettere in piedi un carrozzone e non riuscire a gestirlo. Mi spaventa molto la parte operativa. Chi lo gestirebbe? Lo stato? I comuni? Le regioni? Gli Ispettorati scolastici? Questo però non vuol dire che non si debba fare e che non si debba tentare qualcosa.

 

W
Ho proposto questo perché ho paura che un giorno o l’altro, il problema del pendolo divenga estremo e si arrivi al punto in cui il mondo del vino verrà visto come produttore di assassini, con regole per bloccarlo alla pari di quelle usate per un omicida. Con questo fondo, usando un paragone calcistico, facciamo noi un azione di attacco e forse un goal, prima che arrivino a rinchiuderci in area di rigore.

 

R.C.
Guarda che non dico che non sono d’accordo, vedo solo grossi problemi nella realizzazione pratica. Per esempio: la frase “Bere con moderazione” che riportiamo in etichetta, per me è sacrosanta ma molti la criticano perché la vedono come un’ammissione di colpa. Fare una cosa come quella che proponi con questa situazione non è certo facile.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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