La “Bonarda Perfetta”…ovvero la Bonarda alla riscossa4 min read

Amano chiamarla così un gruppo di produttori che ha interrotto ogni rapporto con il Consorzio dell’Oltrepò, pur rimanendo all’interno per via dell’Erga Omnes che, per legge, dà la possibilità ai consorzi di gestire alcune importantissime funzioni in nome di tutti i produttori di una denominazione.

 

Settantotto aziende agricole, fino ad oggi, hanno così deciso di entrare in un altro organismo di valorizzazione agroalimentare: il Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese, all’interno del quale sperano di decidere del proprio destino e di quello di alcuni dei vini più classici del territorio.

 

Le ragioni sono più che giustificate da una realtà che vede un mercato drogato dallo strapotere degli imbottigliatori. Da anni questi hanno innescato una guerra al ribasso dei prezzi dei vini tanto da fare scendere il valore dei terreni dei vignaioli del 30% negli ultimi 15 anni. Una realtà ingombrante che domina il mercato e impone cicli di produzione improntati alla quantità e non alla qualità, per ottenere costi sempre più bassi attraverso economie di scala che però affamano le aziende agricole.

Questa folle spirale ha portato effetti negativi sulla qualità stessa dei vini che, invece di salire come in molte parti del paese, è continuata a scendere.

 

Per questi motivi un gruppo di sedici produttori entrati nel Distretto hanno aderito ad un progetto di riqualificazione del vino simbolo dell’Oltrepò, la Bonarda.

 

La Bonarda, che già  nasce con il grande svantaggio di chiamarsi con un nome appartenente ad un vitigno piemontese, ma che è composta prevalentemente di uva Croatina, e di cui nessuno sa ancora con certezza come siano andati i fatti sul nome, è il vino più consumato in Lombardia con ventidue milioni di bottiglie all’anno.

 

Così 16 produttori nel 2015 si sono dati regole molto più restrittive per arrivare a produrre un vino che recuperi qualità e la dignità del suo passato. Le regole che si sono dati per questa “Bonarda Perfetta” che comunque esce con il nome standard Bonarda dell’Oltrepò Pavese DOC; sono tutte più  restrittive rispetto al disciplinare.

 

         solo uve di collina

         solo aziende a filiera completa dalla vigna alla bottiglia

         solo da Croatina 100% e resa per ettaro max di 110 ql/ha (125 nel disciplinare)

         naturalmente frizzante, dunque senza aggiunta di CO2

         campionature qualitative in vasca di un ente terzo

         uso esclusivo della bottiglia a forma “Marasca” che, con il logo del distretto, ne sancisce la differenza dal resto delle bottiglie di Bonarda.

         Residuo zuccherino massimo di 15 gr/L, a prima vista può sembrare molto alto ma in realtà è il contrario se il disciplinare prevede un massimo di 50 gr/L

         Un prezzo minimo consigliato ma che sia sempre superiore alla media di mercato

 

In questi punti si concretizza la scommessa di questi produttori, che al momento in totale producono 90 mila bottiglie di Bonarda Perfetta, ma che hanno in progetto di arrivare a 400 mila nei prossimi 3 anni, considerando anche l’ingresso nel gruppo di altre cantine. Al momento il mercato sta dando loro ragione perché tutti hanno ormai finito la 2015 e si apprestano ad uscire con la 2016.

 

L’assaggio.

15 campioni in assaggio, alla presenza della quasi totalità dei produttori: un confronto onesto e costruttivo. Vini sui quali finalmente si può scrivere qualcosa perché tutti più o meno omogenei. Un vino mosso rosso è sempre più difficile da produrre e soprattutto da bere quando non è fatto bene o se non sa di nulla. Questi campioni invece hanno reso la degustazione divertente e per nulla faticosa. Semplici ma ben bilanciati, alcuni un po’ più dolci ma decisamente bevibili, altri austeri e di facile abbinamento. Lo spettro organolettico fornito consente di cominciare a parlare di identità e di riconoscibilità.

 

La strada è aperta per una rinascita di questo vino: ci sarà da fare, i produttori dovranno affinare le loro capacità tecniche per confrontarsi sui dettami delle nuove regole, ma certamente è la strada giusta per poter riportare questa denominazione sui binari della qualità, con la speranza che siano seguiti da chi nella qualità ha fino ad oggi creduto poco, abbagliato da facili guadagni che hanno messo quasi in ginocchio un intero territorio.

 

Auguro a questo manipolo, a questo gruppo affiatato di coraggiosi vignaioli, che le loro idee possano imporsi come modello comportamentale generalizzato al fine di poter cominciare a parlare di un vino e un territorio.

 

Li ringrazio anche per avermi aperto una finestra “diversa” sull’Oltrepò e do loro appuntamento ad un assaggio futuro per la nostra guida vini.

Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


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