Degustazione Barbera d’Asti: “Vino con le ali ma senza paracadute”4 min read

Quando si parla del vitigno più coltivato in Piemonte, che solo in provincia di Alessandria e Asti arriva ad avere più di 5000 ettari vitati, che oltre ad essere nella storia enoica di questa regione (e non solo) è anche nel cuore di tantissimi appassionati e produttori, bisogna procedere con i piedi di piombo.

 

La prima cosa da fare è quella di avere un numero congruo di vini in degustazione e questo è stato possibile grazie al Consorzio Barbera d’Asti (un ringraziamento particolare a Daniele Becchi) che ci ha inviato quasi 140 vini da degustare, divisi praticamente in parti uguali tra Barbera d’Asti e Barbera d’Asti  Superiore. A corollario di questi una ventina di campioni di Nizza, di cui parleremo a parte. La seconda è quella di assaggiarli dedicandoci molto, molto tempo.

 

Avendo fatto entrambe le cose possiamo procedere con un giudizio abbastanza ponderato, prima però soffermiamoci un attimo sulle principali differenze tra Barbera d’Asti e Barbera d’Asti Superiore.

 

Dal punto di vista del disciplinare la diversità sostanziale (oltre ad una lieve variazione sull’estratto secco) è che il secondo deve fare almeno un anno di affinamento di cui 6 mesi in legno.

 

In realtà tra i due vini c’è molta più differenza. Il primo è un vino fresco, quasi mai passato in legno, che si basa sul frutto e sulle caratteristiche basilari del vitigno: medio corpo, acidità importante, tannini pochi e quasi mai pungenti. Il secondo è un “fratello maggiore” a cui l’uso non certo omeopatico del legno (grande o piccolo) dovrebbe conferire quei tannini che il vitigno non ha in grande quantità, assieme a potenza e possibilità di invecchiamento. 

 

CI troviamo quindi di fronte da una parte ad un vino giovane da consumare nell’arco di due-quattro anni  e dall’altra ad un vino di medio lungo invecchiamento da non consumare preferibilmente prima di due-tre anni.

Una caratteristiche che li accomuna invece  è il grande miglioramento qualitativo della denominazione: se fino a pochi anni fa si incontravano abbastanza facilmente Barbera d’Asti non proprio nitide dal punto di vista olfattivo oggi questo problema è praticamente inesistente, rientrato nei parametri normali di qualsiasi importante denominazione.

 

Con circa 70 vini per tipologia si possono fare anche delle medie su cui ragionare: eccovi così la “media stelle” dei due vini, che vede la Barbera d’Asti superare di poco il “fratello Superiore”.

2.42 contro 2.38 vuol dire sostanziale pareggio ma dato che stiamo parlando di vini con caratteristiche finali e prezzi diversi, alla fine per noi la “semplice” Barbera d’Asti batte neanche tanto di misura la Superiore.

 

I motivi? Prima di tutto il non aver paura di essere se stessa e di non nascondersi dietro ad un uso del legno che spesso inserisce un fattore di disarmonia in un vino dove già di suo l’acidità (forse più il PH) è un fattore che spicca  e  conferisce una certa durezza al vino.

 

L’avvocato difensore del Superiore potrebbe interloquire dicendo che quest’ultima non ha avuto a disposizione una vendemmia favorevole come la 2015, presentando principalmente prodotti da due vendemmie non certo facili come 2014 e 2013.

 

In effetti  la 2013 e soprattutto la 2014 sono state vendemmie dove  la Barbera, “Vitigno con le ali ma senza paracadute”, difficilmente ha potuto (come la maggioranza dei rossi italici) dare buoni risultati, mentre la calda 2015 ha permesso espressioni più dirette, classiche, immediatamente gradevoli.  Per essere chiari crediamo che alla vendemmia 2015 possiamo dare un otto pieno, mentre la 2014 difficilmente arriva alla sufficienza e la 2013 la supera ma non di molto.

 

In definitiva questo nostra “immersione” nella Barbera d’Asti ci ha confermato che questo vino/vitigno è dotato di grande piacevolezza e immediatezza, purtroppo non apprezzata quanto si dovrebbe da un mondo dove un vino con buona acidità paga dazio rispetto a tanti prodotti piacioni e rotondi.

 

Questo però non vuol dire che la barbera debba scimmiottare altri vitigni o zone enologiche. La freschezza di una Barbera d’Asti è una caratteristica basilare e non deve arretrare davanti a niente. A proposito, anche se l’uso del legno è un po’ “arretrato” nella tipologia Superiore crediamo  si potrebbe fare ancora qualcosa in più per renderle maggiormente fruibili.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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