Per Decanter si fa presto a dire grafite3 min read

Certo questa è pirazina: ma sarà peperone verde o giallo?

 

Oppure: si fa presto a dire mela. Renetta,  annurca o granny smith?

 

D’accordo sull’odore animale, ma fra pipì di gatto e sudore di cavallo non saprei… Come, non riconoscete l’uva spina sotto la prima impressione di geranio e cherosene? Quell’altro ci sente sempre la pietra focaia, ma è un reduce da Waterloo? Eccetera.

 

 

Se i descrittori olfattivi dei vini vi lasciano di frequente perplessi sulla vostra e altrui capacità di discernerli, la lettura dell’ultimo numero cartaceo di Decanter, targato Febbraio 2017, non farà che confondere il bouquet.

 

Per cominciare andate a pagina 102 dove un box intitolato "Tasting notes decoded" è dedicato al sentore di grafite. In una certa epoca questo descrittore è stato di tendenza, ed è tuttora abbastanza popolare.

L’ambiguità sta tutta nel ricordo della matita, dove la grafite è comunque mescolata ad argilla e più che altro è avvolta dal legno. "Alcuni – potete leggere sulla rivista britannica – sostengono che questo sentore derivi dal contatto del vino col legno… altri invece, in particolare i produttori di Bierzo e Priorat in Spagna, credono che il terroir contribuisca a questa caratteristica, e che l’ardesia del terreno dia un gusto di grafite al vino".

 

Segue il rimando a un’altra pagina di Decanter, dove il giornalista di turno evoca la grafite per un Cabernet di Napa – il che naturalmente non scioglie il dubbio.

 

Ma in fondo è semplice: "Se siete incerti su che odore abbia la grafite – è il consiglio finale nel box dedicato – provate ad affilare una matita HB".

Detto fatto, quello che ho ottenuto è il familiare profumo di buon legno. Ho anche pensato di distruggere la matita alla ricerca dell’anima scura più minerale, poi mi è venuta un’idea migliore e ho recuperato una vecchia mina nera da compasso. Che ho addirittura frantumato per eccesso di zelo. Risultato: niente di niente, il carbonio non si esprime.

 

 

Ma se avete sottomano questo numero di Decanter la giostra olfattiva non è finita qui. Nel prezzo è  infatti compreso un supplemento, "Italy 2017". Ci trovate vari articoli a tema, per gli inglesi assetati di novità italiche. Uno è dedicato per esempio ai vitigni italiani meno conosciuti, di cui vengono fatti esempi significativi. Fra questi il curatore dell’articolo, Simon Woolf, inserisce il Dolomiti Nosiola 2015 di Pojer e Sandri.

 

Le sue note olfattive evidenziano la nocciola, la mandorla e la pera matura. Il bello è che l’identico vino viene recensito di nuovo una quarantina di pagine a valle, questa volta nella sezione "Italia alpina". Altra firma, Simon Reilly. Il quale ci ha sentito i minerali (non meglio specificati), i lime e un leggero affumicato.

 

Viva la biodiversità degli assaggiatori! Va detto che la differenza è meno vistosa passando al confronto dei punteggi: 88 nel primo caso, 91 nel secondo. A dimostrazione, mi vien voglia di concludere, che nella descrizione dei vini non vale la pena di disquisire tanto sui profumi, quanto badare all’andamento gustativo generale.

 

Per la cronaca nelle due recensioni della Nosiola varia, seppur di poco, anche il consiglio su entro quando berlo e perfino il prezzo nel Regno Unito.

 

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


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