Il depliant aziendale è veramente utile?2 min read

Una delle ultime chicche è questa: "Il continuo controllo della fermentazione e lo stoccaggio dei vini in serbatoi termocondizionati danno vini sempre giovani e freschi".

 

Era in uno dei mille depliant di azienda vinicola che mi capitano in mano e che nella stragrande maggioranza dei casi mi fanno nascere la stessa domanda  “Perché?”

Perché li fanno, perché li fanno così, senza attenzione, perché spesso e volentieri li fanno brutti, ridondanti o semplicemente inutili?

 

All’interno di queste vastissime categorie si trovano poi le chicche.

 

Quello che con il suo bianco consiglia di abbinarci “Antipasti sfiziosi, primi leggeri o strutturati, pesce, verdure, carni bianche e rosse e anche formaggi” creando così il primo vino abbinabile praticamente a tutto.

Poi c’è la cantina sociale in vena poetica che nella retro spiega che “dove il fiume si fa liquido tarlo dei monti e rotola verso valle” più o meno da quelle parti nascono i loro vini.

 

Aldilà delle chicche resta però il “problema depliant”. In quasi 30 anni di onorata carriera non sono ancora riuscito a spiegarmi a cosa serva, se non a spendere soldi. Per avere l’indirizzo dell’azienda basta un biglietto da visita e ormai in tempi di internet imperante si fa prima a cliccare sul computer che a cercare lumi su un costoso libercolo o pieghevole, spesso con tante frasi fatte e pochi dati utilizzabili.

 

Spesso le frasi fatte sono anche scritte male e si arriva così alle “chicche” di cui sopra.

 

Insomma, anche se io  non capisco a cosa, forse se si continuano a fare a qualcosa servono.

Il consiglio è allora di farseli fare da chi li sa fare: come dice una mia cara amica PR “Se pensate che un professionista vi costerà troppo, figuratevi quanto potrà costarvi un dilettante!”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE