Non v’è varietà che non trovi in Puglia una sua coltivazione, non a caso viene considerata il “supermarket del vino”.
Questa propensione a piantare quello che il mercato di volta in volta richiedeva, sembra oggi attenuata, anche se nel regno dello “sfuso” la Puglia continua ad avere un suo determinante peso nel mercato nazionale.
Fortuna che ci sono le Indicazioni Geografiche, viene da dire, altrimenti queste produzioni, alcune anche di buon livello, sarebbero condannate a scomparire nell’anonimato delle cisterne. Ecco quindi un panorama quanto mai variegato, che spazia dal Sangiovese a Montepulciano, passando per Lambrusco Maestri, ma che per quanto riguarda l’uso degli “internazionali” sembra essersi accentrato fondamentalmente sulle varietà Syrah e Cabernet ed anche se in minor misura sul Merlot e questo solo per parlare dei rossi.
Nero di Troia, Montepulciano e Bombino Bianco è l’uvaggio della denominazione Cacc’ e Mmitte che mostra un potenziale ancora parzialmente inespresso.
Una DOC che rischiava l’oblio ma che una schiera di produttori ha fatto decisamente bene a rivalutare, visto anche i positivi risultati raggiunti.
Discorso diverso per il Susumaniello, il rodaggio è finito da un pezzo ed ormai questo vitigno può decisamente essere annoverato tra le certezze regionali. Un vitigno particolare che il cambiamento climatico ha decisamente favorito, annata 2014 a parte, come ammette Riccardo Cotarella. “Una ricchezza che si può individuare nella capacità di portare a maturazione i propri polifenoli parallelamente agli zuccheri, un insieme che a causa del cambiamento climatico degli ultimi anni non succede con le altre uve che raggiungono facilmente la maturazione tecnologica ma non necessariamente quella fenolica”.
Tutto si può dire tranne che non abbia ragione anche se terreni, conduzioni degli impianti e stile enologico ovviamente fanno la differenza. Risultati positivi quindi per quest’altra uva che rischiava di andar persa.
Per quanto riguarda le altre varietà minori buon risultato per la Malvasia Nera. Più frequentemente usata in uvaggio con il Negroamaro, nelle versioni monovarietali mostra vinosa fruttuosità , corpo e lieve sapidità. Un potenziale tutto da valorizzare ed una carta in più a disposizione dei vignaioli, ma ancora troppo poche le sue realizzazioni per annoverarla tra le certezze.