Con i suoi 17.000 ettari (certo assai meno dei circa 40.000 del 1970) il Negroamaro è una delle varietà più popolari della Puglia, certamente tra le più distintive.
Più forse dello stesso Primitivo, presente, anche se in quantità minori, in altre regioni del sud come la Campania.
Ormai diffuso in tutta la Puglia, e non solo nella sua parte meridionale (il Salento, con le province di Lecce e Brindisi), lo si trova nel tarantino, nella provincia di Bari e persino nella Daunia e nella Capitanata. Sono numerose le denominazioni che hanno questa varietà come componente esclusiva o principale, sia a origine controllata, sia tipica.
Il panorama dei vini da assaggiare è stato quindi abbastanza esteso, anche per quanto riguarda le annate. I campioni esaminati infatti provenivano in maggioranza dalle annate 2014 e 2015, ma con una discreta presenza anche di annate precedenti (soprattutto la 2013, 2012 e 2011) non soltanto tra le riserve. Quest’ultime, con qualche vino anche più maturo (come un Copertino del 2010 e addirittura un Salento rosso del 1997), hanno riservato qualche piacevole sorpresa.
L’annata 2014 si è rivelata, come per larga parte d’Italia, una di quelle destinate a non venire considerate tra le più memorabili, anche se…avrebbe potuto andare peggio. I timori al riguardo c’erano sotto l’ottimismo di facciata, che bisogna sempre mostrare quando il vino lo si deve pure vendere.
La maggior parte dei campioni di questa annata è risultata compresa nei limiti di una correttezza enologica generale, ma senza punte di eccellenza: solo tre campioni ci hanno davvero convinto, raggiungendo le 3 stelle, mentre la grande maggioranza si è attestata su le cmunque decorose 2.5 stelle.
Si tratta di Negroamaro che gli anglosassoni definirebbero uncomplicated, di gradevole pur se più semplice beva. Questo il quadro, sia per i Negroamaro del Salento sia per quelli prodotti nell’ambito della IGT Puglia. Per quanto riguarda i vini del 2015 e ancor più quelli delle altre annate presenti in degustazione, nonostante la minore ampiezza del campione esaminato, la situazione è apparsa più variegata, con diversi vini che hanno raggiunto le fasce superiori del nostro criterio di classificazione.
Tra le varie denominazioni del Negroamaro hanno questa volta spiccato i Salice Salentino (soprattutto le riserve del 2013).
Andando indietro con gli anni erano troppo pochi i campioni del 2012 e del 2011 anche solo per azzardare valutazioni di tipo generale, anche perché si tratta di vini “in ritardo”, che rappresentano un’eccezione, un uscita in ritardo rispetto ai normali tempi di commercializzazione.