Degustazione Oltrepò Pavese: qualche ottimo vino ma…3 min read

Anche quest’anno la nostra degustazione dei vini dell’Oltrepò Pavese ha spaziato su molte tipologie, ma in alcuni casi senza avere un numero adeguato di campioni per poter dare un parere motivato e serio.

 

Più di 60 vini degustati portano comunque a farci un’idea abbastanza chiara di cosa propone questo territorio e anche, se ci è permesso, di cosa “purtroppo” propone.

 

Un dato balza agli occhi: ben 31 vini ( il 49.2%) hanno un punteggio non superiore alle 2 stelle e questo non permette di pensare che la qualità media dei prodotti sia di buon livello. Inoltre vi sono cantine che producono molte, forse troppe, etichette pensando magari a mercati locali o di fascia non certo altissima. Ognuno ha le sue politiche commerciali, ma poi non bisogna lamentarsi se il territorio non emerge come dovrebbe.

Sto pensando a tanti vini spumantizzati (chiamarli spumanti forse è troppo) e bianchi fermi di cui sinceramente non si capisce il senso, se non per  “aggredire” mercati e fasce di prezzo basso o medio basso.

Ripeto che ognuno organizza le sue politiche commerciali come meglio crede ma questo porta le aziende migliori a puntare più sul proprio brand che sull’immagine del territorio. Prova ne sia che l’azienda spumantistica di punta dell’Oltrepò propone i suoi ottimi vini come metodo classico generico.

Se parliamo di battaglia sui prezzi troviamo subito “un caduto” importante e cioè la Bonarda frizzante: vino  di assoluta piacevolezza che purtroppo paga una richiesta di mercato a prezzi quasi impossibili per una produzione di qualità. Eppure le bonarda buone ci sarebbero e dovrebbero essere d’esempio per molti, ma purtroppo, anno dopo anno, sempre le solite (o la solita…) emergono.

Sul fronte degli spumanti metodo classico, anche se mancavano alcuni nomi importanti, la sensazione è che ci sia una certa stasi qualitativa, sia tra chi produce bene (e continua a farlo) e chi ancora non crede si possa migliorare. Noi crediamo che in Oltrepò ci siano sicuramente le possibilità e (forse) le condizioni per produrre un bel numero di ottimi metodo classico, ma ogni anno ci troviamo di fronte a buone basi a cui manca tempo in bottiglia e un po’ di maestria produttiva. Quello che spesso latita, anno dopo anno, è la finezza, mentre troviamo diverse bollicine abbastanza grossolane spacciate per austere.

 

I pochi Buttafuoco degustati non ci permettono di fare un quadro della situazione, come del resto le barbera.

 

A proposito di pochi, pochi ma buoni! Mi riferisco ai migliori vini degustati, prodotti da cantine che dovrebbero essere prese ad esempio dal mondo vinicolo dell’Oltrepò.

 

Chiudiamo questa degustazione con diversi punti abbastanza chiari che elenchiamo.

1. 

La Bonarda (frizzante o ferma) è oramai un grande vino schiavo del prezzo basso, mentre con un po’ di coraggio potrebbe essere un prodotto di fascia nettamente superiore. Lo dimostrano quelle fatte con criterio, che hanno espressioni aromatiche e freschezze gustative che si ritrovano solo nei migliori lambrusco grasparossa.

 

L’Oltrepò Pavese è un territorio dove il pinot nero e lo chardonnay godono di suoli, esposizioni e climi perfetti per una giusta maturazione, anche e soprattutto PER VINI SPUMANTI. Però una cosa è fare vini fermi bianchi o rossi e un’altra è produrre bollicine. Non basta vendemmiare prima, occorrono approcci diversi per ottenere il meglio. Esempi estremamente positivi in zona ce ne sono, basterebbe emularli.

 

Forse è tardi per dirlo ma se non si inverte o almeno si rallenta la “svendita” dei vini dell’Oltrepò a prezzi da terzo mondo, tutti i produttori pagheranno (e stanno pagando) dazio. Di questo non si può dare colpa al consorzio, figlio di una situazione molto difficile.

 

Credo spetti ai migliori produttori del territorio farsi portavoce di una “new age”, dimostrando con la loro qualità e costanza produttiva che fare ottimi vini in Oltrepò si può e si deve, perché un territorio del genere merita molto di più.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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