Enologica 2016, ovvero come (non) visitare il territorio del Pignoletto3 min read

Nell’ambito di Enologica, manifestazione enogastronomica che si è tenuta a Bologna sabato 19 e domenica 20, c’era anche una visita organizzata per la stampa a Monteveglio  ed un incontro col direttore del Consorzio Vini dei Colli Bolognesi, Giacomo Savorini.

 

Eravamo in 18, di cui molti esteri con tanto di accompagnatore-traduttore. Argomento dell’incontro è stato naturalmente il Pignoletto Classico dei Colli Bolognesi.

 

Lo so, lo so, magari il Pignoletto non è la vostra passione e magari lo citate per indicare un vino da poco: certo non è un Corton Charlemagne, ma anche lui ha una storia e soprattutto vuole avere un futuro.

 

La giornata purtroppo  è stata un esempio classico del clima novembrino sull’appennino  emiliano: nebbia, quella da polenta e caldarroste. Così, se si doveva fare una visita in vigna, beh, è saltata; se si doveva rimirare il territorio dall’alto, niente da fare. Solo l’ombra del profondo calanco che separa Monteveglio dalla località Pignoletto.

 

Rifugiati in trattoria (Trattoria del Borgo-Monteveglio di Valsamoggia), dopo una breve ed interessante visita all’Abbazia di Santa Maria, (pregevole esempio di Romanico del XI secolo dello scorso millennio), siamo stati intrattenuti dal direttore del consorzio e da alcuni produttori .

 

Come ci hanno raccontato, le origini del  Pignoletto risalgono molto indietro; se ne parla a  latere della guerra fra Matilde di Canossa e Enrico IV imperatore. L’assedio di Monteveglio da parte delle truppe imperiali fu un disastro:  la morte in battaglia del figlio di Enrico IV, la neve, il fango del terreno franoso, il freddo li convinsero alla ritirata. Come omaggio per la contessa uve di Pignoletto furono recate ai piedi della pietra di Bismantova.

 

I caratteri genetici del vitigno sono sostanzialmente simili al grechetto gentile.

 

La zona di produzione della DOCG è ristretta fra Pianoro, Sasso Marconi ,Zola Predosa e Montebudello; il territorio è caratterizzato da ampi e profondi calanchi di sabbie calcaree, argille, scisti, terreni metamorfici e marini, tutto molto fragile, che frana con una pioggia.

 

Su  questo terreno variegato e caratterizzato da microzone diverse, crescono le vigne di grechetto, pardon pignoletto. Questa è una zona che punta ad essere a forte vocazione bio, non solo nella produzione di uve e vino, ma anche di prodotti agricoli, coinvolgendo nel progetto agricoltori, ristoratori, pubbliche amministrazioni ed istituzioni come le scuole. Vedremo cosa riusciranno a fare. 

 

In trattoria ci hanno offerto un esempio di buon cibo, molto gustoso, con salumi di grande qualità, da mangiare con una crescenza coi ciccioli veramente superiore, poi Parmigiano reggiano 36 mesi e torte dolci della tradizione locale, accompagnate da un ottimo spumante, naturalmente di Pignoletto.

 

Tutto bene, ma il problema è che non ci hanno portato a visitare neanche una cantina e quanto a una degustazione commentata di varie tipologie di Pignoletto, beh, per questo c’era Enologica.

 

Che dire? Tornata a casa, sono andata a comprarmi una bottiglia di Pignoletto frizzante per consolarmi.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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