Brunello di Montalcino Riserva 2010: piedi e portafogli di piombo!2 min read

Se il 2010 non è annata da riserva non lo è nessuna!  Quindi, pur avendo le nostre remore storiche sul fare riserva in denominazioni di vini da lungo invecchiamento come Brunello, Barolo, Barbaresco e Amarone, ci siamo avvicinati all’assaggio con una relativa tranquillità.

 

Mano a mano che andavamo avanti la tranquillità diminuiva e la degustazione diveniva sempre più divisa in due parti distinte: da una parte quelle (poche) cantine che sfruttando la vendemmia hanno prodotto grandi vini a cui il termine riserva si attaglia perfettamente, dall’altra le (tante) cantine che hanno pensato bene di proporre un vino più marcato da legno, più volutamente monolitico, chiamandolo riserva e vendendolo quindi ad un prezzo spesso esagerato.

 

Ci siamo posti così alcune domande.

 

Ferme restando le grandi caratteristiche della vendemmia 2010, perché nella stragrande maggioranza dei casi si pensa alla riserva come un vino che quasi snatura la classica eleganza del sangiovese?

 

Perché i tannini devono essere una sommatoria di quelli del vino con quelli del legno e non un’ elegante e proficua fusione degli uni negli altri?

 

Perché si arrivano a produrre vinoni con tannini asciutti e talvolta amari in vendemmie dove il tannino dolce è quasi la regola?

 

Perché solo poche cantine (quasi sempre le stesse)propongono riserve che non hanno come caratteristica la potenza ma l’eleganza o comunque caratteri particolari,  mentre  la stragrande maggioranza punta sulla zoppicante equazione “vino più potente +legno importante+prezzo molto più alto del base= grandissimo vino" a prescindere?

 

Insomma, la differenza sostanziale sta, secondo noi, nell’assecondare le naturali grandi caratteristiche di alcune zone in alcune annate oppure proporre sempre e comunque una ricetta di vini “strong” che sicuramente (visti i numeri e il successo della denominazione) troverà comunque un mercato.

 

La seconda idea porta fieno in cascina all’idea del vino muscolare, la prima al concetto di unicità di alcuni grandi vini. Montalcino dovrebbe assolutamente puntare alla seconda, o no???

 

Non abbiamo risposta a questa e alle altre domande e forse per questo vogliamo dare un consiglio ai consumatori finali: con i Brunello Riserva 2010 (come con le riserve di altri anni)  bisogna andarci con i piedi e il portafoglio di piombo!

 

Ce ne sono un discreto numero (diciamo un 10-15%) che valgono l’alto prezzo a cui vengono venduti: sono vini di grandissimo pregio, con possibilità di sviluppare finezze e complessità di tale livello da inserirli di diritto tra i più grandi vini del mondo. Il resto è quasi tutto composto da vinoni velleitari a cui 10-20 anni di maturazione potranno servire solo… ad invecchiarli, sperando in bene.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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