Vinitaly 2016 a… bottiglie ferme4 min read

Adesso che la manifestazione è finita e gli echi si sono ormai spenti forse  vale la pena  fare alcune riflessioni.

Riflessioni suggerite dall’idea che mi sono fatto quest’anno, quella di aver  trovato un Vinitaly “diverso”.

 

Certo che l’immobilismo glorifico di cui ha goduto l’evento per decenni ormai non poteva più rimanere tale: negli ultimi anni  si percepisce tangibilmente lo sforzo  per rendere più attraente ed accattivante la fiera agli occhi dei produttori, degli operatori e dei buyer stranieri.

 

L’arroganza che ha accompagnato le gestioni passate, dettata anche dal monopolio assoluto dell’ offerta, ormai deve fare i conti con una continua emorragia di cantine che trovano sempre più accattivante spostarsi su fiere straniere, nelle quali possono amplificare le loro possibilità di sbocchi commerciali. Prowein, London Wine Fair, Vinexpo sono le prime che mi vengono in mente e quelle che nelle esperienze di produttori e operatori sono portate ad esempio come modelli di efficienza e fruibilità.

 

La sensazione è che, negli ultimi 5 o 6 anni Veronafiere e Vinitaly finalmente si siano accorti di questi competitor sempre più “aggressivi” e siano corsi ai ripari. Come?

 

Innanzitutto presentandosi  in modo dinamico all’estero, tentando di attirare quanto più possibile buyer stranieri  attraverso iniziative itineranti nei paesi chiave dell’export vinicolo ed agevolandoli nell’ingresso come ospiti.

 

Un’altra miglioria importante  è finalmente arrivata  qualche edizione fa, con lo spostamento e la riduzione delle giornate di apertura: per anni gli operatori del settore HoReCa sono rimasti penalizzati perché queste  coincidevano con i loro più importanti giorni di lavoro.

 

Inoltre c’è anche il tentativo di ridurre le presenze “turistiche”  attraverso due importanti iniziative: da un lato  depistando il pubblico degli appassionati su Verona City, attraendoli con una copiosa litania di eventi di grande suggestione dall’altro alzando vertiginosamente il prezzo di ingresso al pubblico (€ 80).

 

Operazione credo in parte  riuscita; mi immagino un Vinitaly a due dimensioni: quella professionale dentro il compound fieristico e quella degli appassionati dentro la città. A questo ha contribuito anche la lotta ( a spese degli operatori e giornalisti seri) all’utilizzo indiscriminato dei pass per  gli operatori e la stampa che hanno subito forti limitazioni di utilizzo degli stessi. Inoltre l’aumento (più che raddoppiato)  del biglietto omaggio per le cantine ha portato ad un’ulteriore riduzione delle possibilità di ingresso da parte di terzi.

 

A questo proposito, vista la natura di tali manovre, si ha la sensazione che l’Ente Fiera pensi sempre al pubblico ed agli operatori di Vinitaly come ad un vero “parco buoi”, disposto a subire ogni genere di angheria pur di partecipare.

 

Negli altri paesi l’ingresso alla manifestazione è semplice ed intuitivo, quando tecnologicamente avanzato, a Verona la coda delle persone in attesa all’ingresso è una vergogna ancora da sanare.  Ancora più irritante è che l’Ente Fiera continua a distribuire a pioggia biglietti omaggio che sarebbero invece tanto preziosi per le cantine (il padre di una mia amica è venuto “in gita con un gruppo di amici” a Vinitaly con biglietti arrivati dal figlio che lavora a Bruxelles presso la Commissione Europea!!!!).

 

Devo ammettere che comunque tali manovre hanno alla fine ridotto la presenza scomoda, vergognosa ed ingombrante di bande di ubriachi; uno spettacolo ormai non più tollerabile.

 

Dunque a dispetto di un Vinitaly più “tranquillo” e con presenze più professionali rimangono ancora irrisolti alcuni problemi.

 

i parcheggi: molto è stato fatto perché adesso le navette viaggiano più veloci ma i parcheggi rimangono ancora incustoditi e se comunque l’attesa per uscire dal traffico di Verona il lunedì sera è mediamente di un’ora e mezza!!!!!

 

L’altro è di pura natura tecnologica: è mai possibile che non si riesca a mettere un wifi gratuito uguale per tutti e si costringa da un lato gli standisti a comprare la password e dall’altro i giornalisti a recarsi solo in apposite zone per poter avere accesso alla rete? 

Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


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