Commissioni di Assaggio: ecco i veri problemi7 min read

Sarei molto lieto che questa interessante indagine portasse ad una serena riflessione sulle problematiche legate ai temi trattati e non dia invece adito a inutili sensazionalismi mediatici nel settore. Abbiamo davvero bisogno di aprire importanti e delicate riflessioni nel sistema, prima di tutto fra produttori, in quanto il danno lo arrechiamo prima di tutto a noi stessi. Penso questa indagine debba toccare prima di tutto la sensibilità di chi opera nelle istituzioni che dispongono del potere di cambiare qualcosa ma senza che ciò sia percepito come un attacco.

Produttore toscano

 

Apprezzo il lavoro svolto dalla rivista on-line. Sono invece più scettico su certe indagini, vedi questa in oggetto, perchè tocca i meccanismi istituzionali di ogni singolo territorio.
Ora, magari a Trento  va tutto bene ed il dato viene aggregato ad altra realtà nella quale ci sono problemi ( solo per fare un esempio) o viceversa.
Reputo che se un produttore ha delle lamentele in questo campo il luogo dove far presente difficoltà o cambiamenti non debba essere una rivista, nemmeno la più accreditata, ma il luogo istituzionale sono le Camere di Commercio o chi ne fa le veci.
Sostengo sempre che il "padrone di una DOC" è prima il produttore di uva, come la legge recita ed in seconda battuta il produttore di vino che ne deve far buon uso.
Esprimo quindi il desiderio di non partecipare ad una indagine della quale reputo non opportuno il luogo di discussione.

Produttore trentino

 

Abbiamo voluto aprire la seconda parte della nostra inchiesta con questi due interessanti contributi che, assieme a moltissimi altri, ci sono giunti da più di 160 aziende italiane. Tra il nostro primo articolo e questo sono infatti arrivate alla spicciolata altre risposte che portano il numero complessivo dei partecipanti a oltre 160.
Della prima parte del questionario abbiamo già detto (vedi:Inchiesta Cam Com. i risultati e non solo) la seconda prevedeva risposte aperte a domande che interessavano il modus operandi delle Commissioni d’assaggio.
I due contributi esposti sopra ci consigliano la giusta maniera di procedere. Da una parte non vogliamo mettere in piazza “dell’inutile sensazionalismo” e dall’altra ci sembra giusto non fare di tutte le erbe un fascio, ma segnalare le zone da cui ci provengono le segnalazioni più interessanti e su cui crediamo si possa e si debba discutere.
Ulteriore premessa, sempre per seguire lo spirito iniziale: non tutti i produttori hanno risposto alla seconda parte del questionario e diversi hanno semplicemente scritto che per loro va tutto bene. Quindi va dato atto che una buona fetta di produttori ritiene il lavoro delle Commissioni ben fatto oppure non vi trova difetti tali da essere segnalati.
Detto questo passiamo a chi qualcosa da ridire l’ aveva.
Partiamo dalla raccolta dei campioni

 

Marche, Verdicchio di Jesi.
“Quasi mai c’e’ una verifica diretta dei quantitativi  dei quali si richiede la certificazione, per cui (detto in parole povere ) la stessa cisterna buona  di 10 HL. dalla quale prelevo i campioni per 20 volte consecutive, può servire a certificare  es. 2.000 hl. di vino completamente differente”

Piemonte Langa
Sono da rivedere le regole della raccolta stessa, imponendo il prelievo totale in modo contemporaneo dell’ammontare della denominazione a cui ogni azienda ha diritto.

Abruzzo
Bisognerebbe valutare i vini prima e dopo l’imbottigliamento, perchè spesso non si imbottiglia il campione mandato alla commissione

Liguria, riviera di Ponente
Con il sistema attuale non si monitorizza la produzione complessiva di una cantina ma solo una piccola parte, il che permette a molti “poco onesti” di giocare sui numeri di lotti e delle vasche in modo del tutto scorretto.

Toscana, Costa
Per le zone marginali non viene assicurato granché il mantenimento della temperature durante lo stazionamento sulle auto dei prelevatori durante i vari giri.

Umbria, Sagrantino di Montefalco
La lacuna macroscopica del tutto è la mancanza della chiusura del cerchio a valle della certificazione.

Toscana, Rufina
I campioni una volta prelevati stanno nelle macchine degli ispettori qualche ora a temperatura non controllata, questo anche nel periodo primavera/estate. Inoltre spesso vengono degustati dopo troppo tempo (lo dicono anche a Montepulciano, 15 giorni circa. N.d.r) ed essendo vini in fase di elaborazione posso subire alterazioni.

Toscana, Chianti Classico
E’ sempre possibile aggirare la campionatura, come ad esempio imbottigliando altre partite, o tagli successivi alla campionatura.

 

Queste sono alcune delle critiche che riguardano il campionamento: le altre (provenienti da cantine in Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Veneto e Friuli) avevano toni e sfumature diverse ma riguardavano sempre questi due problemi.  Oltre a quello pratico di raccolta e conservazione dei campioni, il dilemma più grosso riguarda una falla veramente grossa e cioè la possibilità per un produttore disonesto di utilizzare una singola buona vasca per ottenere  DOC o DOCG per tutte le altre. Oggi come oggi, anche  con tutta l’attenzione del caso, i campionatori non hanno le armi per opporvisi. La campionatura generalizzata potrebbe essere un passo estremamente complesso e forse irrealizzabile, mentre vediamo molto meglio una verifica a valle, acquistando campioni in commercio e procedendo con un riscontro analitico e organolettico.

 

Veniamo adesso a parlare di quanto è venuto fuori sull’operato delle Commissioni d’assaggio. Anche qui ci preme ribadire che molti si sono dichiarati contenti ed altri non hanno elevato la minima critica. Altri invece….

 

Toscana, Chianti
Per motivi di scarsa remunerazione dei tecnici e di orari "spezza mattinata" le commissioni sono per lo più composte da ultrasessantenni che sono troppo permissivi con i vini difettati.

Piemonte, Gavi
Non attendibilità sull’ uso nascosto di vitigni migliorativi.

Trentino
Sono molto severi richiedendo spesso l’eccellenza dai campioni, condizione non richiesta dalle legge.

Piemonte, Langa
A volte sono troppo permissivi

Toscana, Montalcino
I degustatori possono essere influenzati dall’assaggio in comune.

Lazio
Denominano senza far riferimento alla qualità del vino ma in relazione al produttore che quasi sempre è presente all’assaggio.

Toscana, Montalcino
La commissione valuta in merito a dei canoni moderni senza controllare la tipicità dei vini. Se un vino è corretto e possiede un colore nero come la pece allora è buono. Questo è sbagliato!

Friuli Venezia Giulia
La commissione non è a livello professionale del lavoro che svolge.

Toscana, Maremma.
E’ una commissione che valuta più la piacevolezza che non la tipicità dei vini: è inoltre una commissione ‘falsata’ da avere all’interno anche le 2 responsabili del laboratorio che analizza i vini, che quindi non sono poi così anonimi come dovrebbero essere.

Toscana, Chianti
Dovrebbe valutare, ma non lo fa, un vino secondo la sua rispondenza ai caratteri di tipicita’ ed espressione del territorio e bocciare quelli che, pur validi organoletticamente, non rispondono ai requisiti previsti dal disciplinare.

Trentino
Purtroppo le commissioni sono composte da numerosi membri a rotazione e quindi è impossibile avere un’omogeneità di giudizio e sempre più spesso vengono confusi i REQUISITI MINIMI di corrispondenza alle DOC con giudizi e simil-"punteggi" per i concorsi.

Toscana, Chianti
Ho avuto  i campioni rivedibili ma non sono state fornite spiegazioni in dettaglio

Toscana, Montepulciano
Non forniscono vere spiegazioni  per i campioni rividibili.

Lazio
Mancanza di professionalità dei componenti.

Toscana, Montalcino
Dovrebbero dare più peso alla tipicità e non farsi incantare da “effetti speciali” come rovere e frutti estranei.

Abruzzo
C’è troppo buonismo

Trentino
Purtroppo intendono per qualità del prodotto il giudizio a mo’ di guida dei vini.

Piemonte, Langa,
A volte sono un po’ larghi d maniche.

Toscana, Montalcino
manca ancora sensibilità verso la tipicità.

 

Ci fermiamo qui perchè crediamo di aver inquadrato alcuni problemi di base.(Solo per la cronaca altre critiche sono arrivate da Emilia Romagna, Marche, Liguria, Lombardia, Umbria e Sardegna).
I problemi sono diversi da zona a zona.

 

 In trentino pare vi siano commissioni troppo severe che valutano con parametri “guidaioli”, mentre il loro compito sarebbe quello di stabilire una qualità minina.

All’opposto in Piemonte (ma anche in Abruzzo, Emilia Romagna, Liguria) sono troppo buoni, permettendo a campioni non adeguati di entrare in commercio.

In Chianti, (ma anche in Piemonte, Liguria, Lombrardia, Veneto) le commissioni non forniscono valutazioni approfondite nel caso di campioni rividibili o non idonei.

In Toscana, sia in Maremma, che in Chianti, a Montepulciano ma soprattutto a Montalcino le commissioni non stanno molto attente alla tipicità dei vini. La cosa ci sembra grave soprattutto per Montalcino, dove il monovitigno dovrebbe permettere una valutazione della tipicità piuttosto semplice.

In Lazio ed in Friuli (ma anche in Lombardia, in Emilia Romagna, in Liguria) si ritiene i commissari non all’altezza del compito.

 

Questi i dati, attendiamo commenti. (info@winesurf.it) I nostri arriveranno tra qualche giorno, dopo aver metabolizzato il tutto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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