Riccardo Cotarella a Londra: il Merlot ed altro ancora.5 min read

Ci mancava un’opinione per completare il discorso sulla poca adattabilità del Merlot in Toscana. Ce ne mancava una importante, quella di Mr Merlot in persona, al secolo Riccardo Cotarella.
Noi di Winesurf potremmo anche essere lenti, ma certamente siamo inesorabili: il dottor Cotarella è stato interpellato a Londra, in occasione di un suo seminario nel quale ha presentato i vini di 24 delle aziende a cui presta consulenza.
Durante il seminario tenuto al Mermaid Conference Centre, intitolato “Great Italian Winemaker Series: Riccardo Cotarella Masterclass and Tasting”, il pluripremiato enologo ha espresso la sua filosofia di lavoro, come del resto fa sempre in queste occasioni. Trovo che sia molto utile andare a questi seminari, perché la filosofia di lavoro del dottor Cotarella è passibile di correzioni in corso d’opera, quindi chissà che magari un giorno non ci sorprenda dicendo qualcosa in linea con il nostro modo di intendere il vino.
Un esempio da nulla: ad un seminario tenuto una decina di anni fa, sempre a Londra ma molto più "in piccolo" di quello di martedì 8 Maggio, il nostro enologo esponendo il suo pensiero dichiarava qualcosa di simile a "Io presto la mia consulenza esclusivamente a produttori di vino che operano in zone non famose e su denominazioni non famose". Oggi però, dieci anni dopo, abbiamo dei Baroli e dei Brunelli firmati Cotarella che smentiscono la sua precedente filosofia.
Alla mia richiesta di lumi in merito, il nostro ha candidamente ammesso: "E’ vero, ma quello era dieci anni fa".
E’ giusto: chiunque ha il diritto di cambiare idea su un argomento, e chi non lo fa pur sapendo che dovrebbe, è solo un inconcludente ostinato. Lo dico perché spero di sentire dire un giorno al dottor Cotarella che lui produce semplicemente vini buoni (cosa di cui è indubbiamente capace), invece di "Io produco i vini che piacciono al mercato. E’ il mercato che decide, e se il mercato vuole un certo tipo di vini, noi dobbiamo darglieli".
Questa affermazione, detta in questo modo, potrebbe addirittura dare adito a pensieri del tipo "Lui li fa, ma magari segretamente si gusta fiori di calici di Cascina Francia e Pergole Torte…". Chi lo sa.
Ad un certo punto del seminario, si giunge alla degustazione di due Barbera dell’Oltrepò Pavese, quella di Cantina di Casteggio e quella del Castello della Cigognola. Riccardo Cotarella ha sottolineato la grande diversità dei due vini rimarcando quanto il terroir fosse diverso nelle 5 miglia di distanza fra una cantina e l’altra. Un giornalista britannico ha appuntato "Ma il primo vino ha poco o niente legno, mentre il secondo ne ha in abbondanza: come facciamo a parlare con certezza di un concetto delicato come la differenza di terroir?"
La risposta dell’enologo é stata "Sì, qui cambia il terreno, l’esposizione e nient’altro. Ricordatevi che stiamo parlando non solo della stessa uva, ma dello stesso clone. Anche la vinificazione é uguale." Si ma il legno?
Possiamo scusare la mancata risposta, adducendo come giustificazione la padronanza dell’inglese del nostro enologo: buona e simpaticamente italiana, ma magari con qualche piccola falla qua e la.
Nel suo discorso Cotarella ha anche decantato le qualità del Merlot, chiamandolo "the King of softness" (il Re della morbidezza). Ha altresì aggiunto, che secondo lui bere vino dev’essere innanzitutto un piacere, non un sacrificio, e la morbidezza, così come anche la dolcezza, sono sensazioni piacevoli, mentre l’acidità e il tannino sono "sacrificio".
Poco dopo ho inteso "…E voi tutti sapete che a Bolgheri ci sono alcuni fra i migliori Merlot del mondo", al che ho scritto sul mio quaderno "BOLGHERI → GRANDI MERLOT. ANCORA???" pensando poi di chiederne ragione al famoso enologo al termine del seminario. E così ho fatto.
Mentre degustavo i vini di Villa Sandi, il dottor Cotarella si avvicina al banco e chiede di degustare l’Avìtus 2004, un Incrocio Manzoni che a mio modo di vedere é fatto con delle uve splendide, successivamente soffocate dal legno che rende il finale di bocca addirittura amaro: questo si che per me é "sacrificio"…
Cotarella lo degusta, lo trova ottimo (ma anche a me del resto piaceva la pasta col sugo di wurstel che mi facevo a 13 anni) ed esprime la sua idea, al che la signora Grazziottin di Villa Sandi gli dice che io lo trovavo troppo coperto dal legno.
Mi presento al dottor Cotarella ed aggiungo che dalla struttura del vino (legno a parte) si sente bene che le uve erano di grande qualità, e che era un peccato che la loro componente aromatica non potesse venir fuori. Cotarella dice che in effetti l’annata seguente è stata fatta con meno legno, e da quella dopo ancora ce ne sarà anche meno. Bene, l’occasione era propizia: gli chiedo se avesse seguito il dibattito sul Merlot come uva poco adatta in Toscana per via del clima troppo caldo. Mi dice di si, lo ha seguito ed è completamente d’accordo: in Toscana fa troppo caldo per il Merlot, e oggi non ne pianterebbe più tanto quanto ne ha piantato negli anni passati.
"Beh, però poco fa ha detto che tutti sanno che Bolgheri sforna alcuni fra i migliori Merlot del mondo…"
"No, non parlavo di Merlot, io parlavo di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc"
Vabbé, avrò sentito male io.
Ancora una domanda: gli chiedo, alla luce dei cambi climatici degli ultimi anni, quale sarà il suo nuovo "Merlot". Risposta: "tutti i vitigni a maturazione tardiva".
Proprio tutti? Anche Nebbiolo e Aglianico? Ma insomma, se vorrò un vino con dei tannini sgrassanti da abbinare ad un ricco brasato, che cosa mi rimarrà da scegliere fra dieci anni?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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